tag:blogger.com,1999:blog-28640835653823891712024-03-05T14:45:34.690+01:00City di Baricco - Un libro e i suoi dintorni | BlogDedicato alla costruzione del sito www.labcity.it e alle derive tra i sentieri e gli specchi del testo, del sito, della vita.MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.comBlogger11125tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-48887376446952997402011-03-04T07:58:00.001+01:002011-03-04T20:11:41.758+01:00In giro con la mappa delle terre dei barbari<div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">È sempre più faticoso decidere di dare una mossa alla costruzione del sito </span><u><a href="http://www.labcity.it/"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">www.labcity.it</span></a></u><u><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">,</span></u><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";"> che sonnecchia in fase di stanca.</span></div><div style="color: #134f5c;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Ogni tanto mi chiedo se ho ancora voglia di andare avanti con questo lavoro. Il tempo passa i bimbi crescono, le mamme imbiancano e, in quanto ai lavori faticosi, siamo barbari e per i barbari, dice Baricco, «<i>il massimo della concentrazione su uno spigolo del mondo ottiene di chiarirlo, ma ritagliandolo via da tutto il resto: <u><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Panorami/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#21">in definitiva, un risultato mediocre</a></u></i>».</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Non rinuncio, ancora, ma procedo svogliatamente.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><br />
</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Da molti mesi non lavoro dentro il testo di <i>City</i> e mi mantengo nei suoi dintorni. Continuo ad aggiungere materiali che ruotano intorno a <i>City</i> e a rimandare il momento in cui affronterò l’interno delle storie, guardando da vicino il funzionamento dei meccanismi che le fanno vivere. E dire che ho sempre pensato all’analisi critica di <i>City</i> come al cuore del lavoro: un centro gravitazionale per tutti gli altri testi raccolti e organizzati nel sito.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Certo, Baricco, ne <i>I barbari</i>, parla di libri come segmenti di una sequenza più ampia che ha origine e prosegue altrove. Dice anche che «<i>forse uno degli stilemi esistenziali dei barbari è proprio questo schema: un centro fondativo che motiva il sistema e una periferia che magnetizza il senso</i>», sul modello <u><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Panorami/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#29">dell’hamburger alla McDonald’s</a></u>. Dovrei dormire sonni tranquilli, quindi, e godere della perfetta coincidenza di teoria e prassi.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">In più, da un po’ di tempo, nel lavorare al sito, prende corpo un’altra sensazione prettamente barbara: una sorta di timore ad avvicinarsi troppo al centro. Come se <i>City</i>, lì al centro del sito, fosse diventato una sorta di buco nero capace di risucchiare ogni energia nel vortice della profondità. <u>S<a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Panorami/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#22">indrome da barbari, paro paro</a></u>. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">La conseguenza di tutto questo “surfing barbaro” per i dintorni di un <u><a href="http://www.labcity.it/Testoeparatesto/Prefazione/tabid/94/language/en-US/Default.aspx">libro come una città</a></u> è che vado dimenticando quello che sapevo della città, dei suoi monumenti e della sua storia: mi dimentico del testo e mi disperdo tra i commenti dei lettori e della stampa, tra blog & siti su Baricco, gruppi Facebook, tesi di laurea e saggistica di piccolo cabotaggio (ché i critici di lungo corso evitano Baricco come il triangolo delle Bermuda, per fortuna, ma noi siamo gente che riesce a disperdersi anche su rotte mai tracciate, scrivendo pagine e pagine pure sul silenzio dei critici blasonati).</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Potrei continuare a girellare intorno al centro del lavoro per anni, filosofandoci pure sopra. Nella sezione relativa agli <u><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Mappa/tabid/54/language/en-US/Default.aspx">echi del testo</a></u> c’è ancora da gingillarsi con le immagini delle copertine delle edizioni straniere e con l’inserimento di qualche brano in inglese, francese, tedesco, spagnolo e, grasso che cola, finanche in catalano. In giapponese no, ché non saprei neanche riconoscere il brano, il suo inizio e la sua fine. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">C’è anche da giocare con la sezione relativa al paratesto. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">E c’è da affrontare quell’altro buco nero che è il panorama culturale sullo sfondo di un libro come <i>City</i>. Già a stare sul bordo dell’idea, il ronzio di tutto quel rumore di voci che ruotano vorticosamente intorno a se stesse, dibattendosi tra postmoderno e ipertestualità, tra pensiero debole, nomade, decostruito, in una palude di punti di riferimento laschi, dà la vertigine.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Ce n’è da divagare, eccome.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">In tutto questo, <i>City</i> diventa sempre più “il mio lavoro su <i>City</i>” e sempre meno un romanzo che ho letto in un tempo ormai lontano.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Come era <i>City</i> quando l’ho letto, poco dopo l’uscita in libreria, tra maggio e giugno del 1999?</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Mi era piaciuto?</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Ero a casa con la varicella, mentre lo leggevo. Mancavano un paio di mesi alla nascita del mio secondo figlio e <i>City</i> non è un libro piacevole. Ricordo un certo disagio. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Non credo che avessi pensato subito che sarebbe stato un testo su cui avrei speso anni di quella parte della mia vita – la meno sana ma tutto sommato anche quella percentualmente meno rilevante – dedicata a cercare un senso nella vita piuttosto che a viverla.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Adesso, non solo non ricordo più cosa sia stato <i>City</i> per me, quando l’ho letto, ma comincio anche a dimenticare cosa <i>City</i> fosse diventato nelle letture e riletture successive, nelle pratiche di smontaggio e rimontaggio, nelle ipotesi e tesi poste alla base del lavoro di costruzione del sito. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Meglio così.</span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Un giorno rileggerò <i>City</i>, prima di tuffarmi in elucubrazioni sul testo. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Rileggerò <i>City</i> dal principio alla fine, forse. </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Oppure, nel frattempo, magari mi sarà passata la voglia di continuare questo lavoro, mi scrollerò di dosso la polvere di anni e correrò altrove a respirare aria fresca perché «<i><u><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Panorami/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#24">il barbaro cerca solo e sempre sistemi passanti</a></u>: vuole stazioni intermedie che non soffochino il suo movimento, ma che, al contrario, lo rigenerino. Quando si accosta alle sequenze sintetiche (porzioni massicce di mondo coagulate in un unico punto) sa che corre un rischio: di rimanervi impantanato</i>». </span></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><br />
</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"></div><div class="MsoNormal" style="color: #134f5c; text-align: justify;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">E allora, se succederà, lascerò che sia.</span></div><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="color: #215868; font-family: "Calibri","sans-serif";"><span style="color: #134f5c;">MT </span></span></div><div align="left" class="MsoNormal" style="text-align: left;"><br />
</div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-79023255255865507902010-09-28T08:04:00.010+02:002010-09-30T05:34:24.759+02:00labcity due anni dopo<table align="center" cellpadding="1" cellspacing="1"><tbody>
<tr style="font-family: inherit;"><td><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 14.1pt 0pt 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif; margin: 0cm 14.1pt 0pt 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><i><span style="color: #17365d;"><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/RuthraccontaShatzy/tabid/148/language/en-US/Default.aspx#intro">Quella storia del western, tra l’altro, era vera. Shatzy ci lavorava da anni. All’inizio aveva accumulato idee, poi si era messa a riempire quaderni d’appunti. Adesso usava il registratore. Ogni tanto lo accendeva e ci diceva delle cose dentro. Non aveva un metodo preciso, ma andava avanti, senza fermarsi. E il western cresceva</a>.</span></i></span></div></td> </tr>
<tr style="font-family: inherit;"> <td></td> </tr>
<tr style="color: #0c343d; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> <td><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Sono passati due anni da quando – dopo mesi dedicati alla progettazione della <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=55&tabid=264"><u>struttura</u></a></span><span style="font-size: small;">, alle prove di costruzione delle prime pagine e alla stesura della <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=265&tabid=264"><u>presentazione</u></a> del lavoro – questo sito è stato registrato con la denominazione di www.labcity.it. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">«<i><a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=269&tabid=264">E importante vedere come la gente sceglie i nomi. <u>Morire e dare nomi</u> - non si fa altro di sincero, probabilmente, per il tutto il tempo che si campa</a>».</i></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Il nome doveva suggerire simultaneamente l’idea di uno spazio-laboratorio in cui sperimentare delle ipotesi e quella di uno spazio-labirinto, topos spesso utilizzato nelle <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=65&tabid=264"><u>trattazioni sugli ipertesti</u></a>. Alludeva anche a un altro nome: quello del sito <i><span style="text-decoration: none;">www.abcity.it</span></i></span><span style="font-size: small;">, – allestito dalla Rizzoli per il lancio sul Web di <i>City </i>e oggi non più attivo – che, a sua volta, richiamava le iniziali di Baricco ma anche l’idea di un abc, sorta di enciclopedia sul libro. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Il colore blu, scelto per lo sfondo delle pagine, insieme alle immagini delle bussole sulla homepage, doveva richiamare la <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=76&tabid=264"><u>copertina della prima edizione</u></a> di <i>City</i> e la grafica di <i><span style="text-decoration: none;">www.abcity.it</span></i></span><span style="font-size: small;">, con l’intento di collocare la costruzione del sito lungo la sequenza, “<a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#nodopassante"><u>originata e diretta altrove</u></a>”, della quale partecipavano già <i>City</i> e<i> www.abcity.it</i>. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Il progetto, elaborato a partire dal modello di ipertesto letterario illustrato dalle <a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Ildibattitosullipertestualit%C3%A0/4Prodottiipertestuali/tabid/73/language/en-US/Default.aspx#ModellizzazioneCazale"><u>tavole di Claude Cazalé Berard</u></a> e <a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Ildibattitosullipertestualit%C3%A0/4Prodottiipertestuali/tabid/73/language/en-US/Default.aspx#ModellizzazioneCadioli"><u>rivisitato da Alberto Cadioli</u></a> ne <i><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Bibliografia/tabid/60/language/en-US/Default.aspx#Cadioli" title="Alberto Cadioli - Il critico navigante - Marietti, 1998">Il critico navigante</a></i>, prevedeva una rete di materiali originali, di testratti da testi oggetto di rimando, di dati e di fonti, organizzati comunque intorno a <i>City</i> in quanto libro e in quanto testo. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 14.1pt 0pt 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">«<i><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#29">Forse <u>uno degli stilemi esistenziali dei barbari</u> è proprio questo schema: un centro fondativo che motiva il sistema e una periferia che magnetizza il senso</a></i>».</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><i>City</i> doveva rimanere al centro di un sito-laboratorio, come oggetto di sperimentazione delle logiche del web applicate allo studio dei testi letterari. Intorno a <i>City</i> si doveva intrecciare un labirinto di sentieri che, partendo o arrivando al libro o al testo, avrebbero consentito la costruzione di sequenze di senso modulabili secondo una pluralità di snodi possibili. <i>City</i> e i suoi dintorni dovevano costruire una sorta di enciclopedia aperta e potenzialmente interattiva che collegasse in rete il centro e le periferie. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Da settembre 2008 a maggio 2009 è stata costruita la struttura portante del sito con le tre partizioni e le sezioni principali. Oggi le pagine sono più di 160, tra quali alcune sono ancora in corso di costruzione e ve ne sono altre in progetto. La maggior parte delle pagine è visionabile da chiunque acceda al sito, mentre sono visionabili da utenti registrati alcune pagine ancora in bozza.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">A maggio del 2009, a dieci anni esatti dall’uscita di <i>City</i> in libreria, il sito è stato segnalato ai motori di ricerca e da allora ha cominciato lentamente a risalire negli indici fino a ritrovarsi oggi in prima pagina tra i risultati delle ricerche effettuate con la chiave “city baricco” su Google, Virgilio, Yahoo! e AltaVista e tra la seconda e la quarta pagina per le ricerche effettuate con la chiave più generica di “baricco”. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Il contatore <a href="http://www.shinystat.com/it/" target="_blank"><u>ShinyStat</u></a> rileva più di 500 visite al mese con una maggiore densità nei giorni feriali.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Le pagine più visitate sono quelle di orientamento e illustrazione dei contenuti: la <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=54&tabid=264"><u>mappa</u></a> e la <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=216&tabid=264"><u>presentazione</u></a> del lavoro e le pagine di introduzione della partizione <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=57&tabid=264"><u>Testo e paratesto</u></a> e della partizione <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=58&tabid=264"><u>Ipertesto</u></a>.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli accessi al sito, eccettuati quelli diretti (la cui rilevazione è poco utile in quanto include per la maggior parte, gli accessi relativi al lavoro di costruzione delle pagine), provengono in misura pressoché equivalente da siti e da motori di ricerca. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli accessi da siti sono attribuibili in netta maggioranza ai “collegamenti esterni”, inseriti sulle pagine di Wikipedia dedicate a Baricco e alle sue opere, e sulle pagine di Wikipedia che si occupano di ipertestualità. Più rari sono gli accessi provenienti dalla <a href="http://www.facebook.com/pages/Un-libro-e-i-suoi-dintorni-City-di-Baricco/85540145239" target="_blank"><u>pagina Facebook</u></a> creata come vetrina del sito e sporadici sono gli accessi dai blog dedicati a notizie su Baricco, come <a href="http://oceanomare.blogspot.com/" target="_blank"><u>Oceanomare.com | Blog</u></a> e <a href="http://raccontamiquestastoria.blogspot.com/" target="_blank"><u>Raccontami Questa Storia | Blog</u></a>. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli accessi al sito dalle pagine Wikipedia dedicate a Baricco approdano alla homepage del sito e, se in alcuni casi i visitatori proseguono con la consultazione della mappa e delle pagine di presentazione, raramente arrivano alle pagine più interne. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli accessi dalle pagine Wikipedia dedicate all’ipertestualità approdano all’indice di una ricerca svolta qualche anno addietro sui temi del <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=65&tabid=264"><u>dibattito degli anni Novanta sull'ipertestualità in campo letterario</u></a>. Si tratta, in questo caso, di visitatori che di solito proseguono nella consultazione visionando anche le pagine che accolgono i capitoli della ricerca. Oltre che dai link su Wikipedia, il lavoro sull’ipertestualità nel dibattito tra gli studiosi di ipertesti e letteratura, è segnalato in una nota e nella bibliografia del <a href="http://www.facebook.com/home.php?#%21/group.php?gid=119164468108644" target="_blank" title="Link al gruppo Facebook sul libro"><u>testo di Gino Roncaglia</u></a> <i><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Bibliografia/tabid/60/language/en-US/Default.aspx#Roncaglia" title="Gno Roncaglia - La quarta rivoluzione - Editori Laterza, Bari 2010">La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro </a> </i>che rimandano a questo sito per una rassegna utile sull’ipertestualità.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli accessi da motori di ricerca provengono quasi esclusivamente da Google e, se partono da chiavi di ricerca su <i>City</i> di tipo generico, approdano alla home del sito mentre, se partono da chiavi di ricerca più specifiche, approdano direttamente alle pagine interne del sito.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">La più utilizzata tra le chiavi di ricerca generiche è “city baricco”, seguita da chiavi simili che contengono in differenti combinazioni i termini “city”, “baricco” o “alessandro baricco”, “libro” o “romanzo” o “testo”. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">L’utilizzo delle chiavi più specifiche rivela il prevalente orientamento a ricercare singoli brani di testo. Sono spesso scelte direttamente come chiave di ricerca delle frasi esatte, estratte dal testo di <i>City</i> (ma anche da altre opere di Baricco delle quali il sito accoglie alcuni brani), o sono affiancati al titolo di un’opera e/o al nome di Baricco alcuni peculiari termini identificativi di un brano. Anche i nomi dei personaggi di <i>City</i> costituisco chiavi di ricerca frequentemente utilizzate per approdare a brani del testo.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Alcune chiavi, che contengono termini come “riassunto” o “spiegazione, affiancati a “city”, lasciano presumere un’ulteriore tipologia di consultazione del sito orientata a ricerche di impronta scolastica.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">In ogni caso i passaggi degli utenti sono prevalentemente veloci e mirati alla ricerca di frammenti di testo da ricollocare, presumibilmente, come citazioni entro proprie sequenze personali in blog o pagine di social-network. Difficilmente si rileva una fruizione mirata ad approfondire la lettura di <i>City</i> con la consultazione dei materiali di supporto, interviste articoli, trascrizioni di interventi di Baricco.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Vero è che le modalità di consultazione del sito sono correlate allo stato dei lavori e alla strutturazione dei contenuti che, in atto, riguardano soprattutto testi periferici, relativi a un livello extratestuale di <i>City</i>, laddove i testi che affronteranno il livello testuale e il contesto culturale, vale a dire il centro e gli immediati dintorni di <i>City</i>, sono per la gran parte da costruire o in costruzione su pagine riservate agli utenti registrati. Altrettanto vero tuttavia è che, anche altrove, in luoghi del Web come blog o social-network, attraverso i quali lettori e fan transitano, difficilmente si rilevano contenuti di approfondimento sulle opere e sulla poetica di Baricco, mentre dilagano le citazioni decontestualizzate di frasi o brani – attraverso le quali esprimere e comunicare emozioni personali – e proliferano i commenti emozionali, da estimatori o detrattori, e i gruppi e le pagine che accolgono le manifestazioni di appartenenza a una categoria o all’altra.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 14.1pt 0pt 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">«<i><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/IBarbari/tabid/172/language/en-US/Default.aspx#16">Se su ogni cosa il mutante si soffermasse con la pazienza e le attese del vecchio uomo con i polmoni, la traiettoria si disferebbe, il disegno andrebbe in pezzi. Così il mutante ha imparato un tempo, minimo e massimo, in cui dimorare nelle cose. E questo lo tiene inevitabilmente lontano dalla profondità, che per lui è ormai un'ingiustificata perdita di tempo, un'inutile impasse che spezza la fluidità del movimento. Lo fa allegramente perché non è lì, nella profondità, che trova il senso: è nel disegno. <u>E il disegno è veloce, o non è nulla</u></a></i>».</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">In quest’ottica si potrebbe inquadrare il fallimento dell’<a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=71&tabid=264"><u>approccio interattivo</u></a> che questo sito si proponeva di realizzare invitando chi volesse contribuire alla costruzione a inviare materiali e commenti su <i>City</i> o sul sito stesso. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Tra gli strumenti di dialogo, è scarsamente utilizzato l’indirizzo mail <a href="mailto:admin@labcity.it"><u>admin@labcity.it</u></a>, così come la <a href="http://www.facebook.com/pages/Un-libro-e-i-suoi-dintorni-City-di-Baricco/85540145239" target="_blank"><u>pagina Facebook</u></a><u>,</u> mentre la <a href="http://it.groups.yahoo.com/group/oceanomare_baricco/" target="_blank"><u>mailing-list del sito Oceanomare.com</u></a> continua la su attività senza che vi giunga alcun contributo dall’esistenza di questo sito. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Ancora vuote sono le pagine <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=74&tabid=264"><u>Controcampo</u></a> e <a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=219&tabid=264"><u>Graffiti</u></a>, destinate ad accogliere punti di vista altri e commenti sul sito o su <i>City</i>.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Gli unici contributi inoltrati dai lettori, e accolti all’interno delle pagine del sito, sono il testo di Davide Gaeta di presentazione del suo film d’animazione <i><a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=261&tabid=264"><u>Halò Jack</u></a></i>, e il brano <i><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Echitrailettori/CitynellamailinglistdiOceanomarecom/tabid/149/language/en-US/Default.aspx#sciure"><u>'I sciure 'ro prof'ssore</u></a></i>, traduzione in salernitano della lezione del prof. Kilroy sulle Ninfeee di Monet a cui si è dedicata Rob per fare un regalo a questo sito e alla <a href="http://it.groups.yahoo.com/group/oceanomare_baricco/" target="_blank"><u>mailig-list del sito Oceanomare.com</u></a>.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm -0.05pt 0pt 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: small;">Inizia adesso il terzo anno di vita del sito. Tanto lavoro ancora da fare mentre “soffia il vento sotto un sole giaguaro, e la strada di Closingtown fuma polvere”.</span></div></td> </tr>
<tr style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> <td><span style="color: #003366; font-size: x-small;">Settembre 2010</span></td> </tr>
<tr style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> <td><span style="font-size: small;"> </span><br />
<div align="right"><span style="font-size: small;"><b><span style="color: #003366;"><a href="http://www.labcity.it/LinkClick.aspx?link=59&tabid=55">Maria Teresa Di Pace</a></span></b></span></div></td> </tr>
<tr style="font-family: inherit;"> <td></td> </tr>
<tr style="font-family: inherit;"> <td></td> </tr>
<tr style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> <td><div align="center"><span style="font-size: small;"><i> <span style="color: #17365d;"><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/RuthraccontaShatzy/tabid/148/language/en-US/Default.aspx#intro">Lei diceva che era un western bellissimo.</a></span></i></span></div></td></tr>
</tbody></table>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-21639232745262562962009-11-24T07:52:00.019+01:002010-01-03T10:35:58.232+01:00Emmaus<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilCDhZCI13UWwl-UM0__F97LVKtBkbn_10hVw6QNTyCcQyvLqSc56Jh34DFM9ikKPTausUX0kJJpBQCfS-glb6OHKUHrA4PyZ9oZZk4ig11Rb_AvdP5NPkc4_zm8OrLYwg5d1eGxObGu8/s1600/Emmaus.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilCDhZCI13UWwl-UM0__F97LVKtBkbn_10hVw6QNTyCcQyvLqSc56Jh34DFM9ikKPTausUX0kJJpBQCfS-glb6OHKUHrA4PyZ9oZZk4ig11Rb_AvdP5NPkc4_zm8OrLYwg5d1eGxObGu8/s200/Emmaus.jpg" yr="true" /></span></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Ho letto <i>Emmaus</i>. </span><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">L'ho riletto, anche.<br />
Si fa strada l'idea che questo libro non sia nelle mie corde se non per il fatto che contiene i temi e i riferimenti a quello che appartiene già a Baricco e a me. </span><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Mi interessa come passo di un percorso d’autore che si intreccia in qualche modo alla mia vita e non è solo parte delle mie letture. <br />
Non credo che <i>Emmaus</i> abbia aggiunto molto ai nomi che do alle cose e alle esperienze che vivo. Qualche piccola luce, sfumature. Niente bagliori epifanici capaci di illuminare zone oscure. Difficile che di <i>Emmaus</i> mi resti molto. Difficile che mi resti qualcosa che non fosse già altrove. Già rivelata.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Qualche emozione me l'ha lasciata, ma non di quelle emozioni figlie di un piacere delle corde o del cervello, oppure dello stupore che incantata o dell'enigma che affascina. Mi ha lasciato come emozione una sorta di oppressione opaca.</span><br />
</div></div></div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">È una sensazione cupa, come di nebbia di sera mentre cammini sulla strada di casa di cui conosci ogni buca sul marciapiede e ogni filo d'erba che cresce nelle crepe del muro che costeggi. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">E mi fa pensare, di contro, a quello che Baricco stesso diceva dell’effetto di disorientamento costruito per il lettore di <i>City</i>.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">"<i>tu a poco a poco <b style="color: #134f5c;"><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Autocommenti/BariccointornoaCity/tabid/190/language/en-US/Default.aspx#salone"><span style="color: #134f5c;">diventi come una persona che si sta perdendo in una città</span></a></b>. Questo ti rende più debole. A un certo punto sei un po' persa. Senti una musica di una fisarmonica. E tu senti qualcosa e dici: che emozione</i>".</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">In <i>Emmaus</i> non puoi perderti, perché quella è la strada di casa. Ma non puoi neanche percorrere quella strada meccanicamente, senza vedere quello che guardi come si fa di solito con le strade di casa, perché c'è la nebbia che ti costringe a cercare ogni cosa che conosci, buca sul marciapiede o erba nella crepa del muro, per capire a che punto del percorso consueto sei arrivato. Conti i bagliori delle luci dei lampioni e sai sempre dove sei. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Nella nebbia, ma senza possibilità di perderti.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Immagino che anche questo effetto sia stato voluto da Baricco, come era voluto l'effetto del disorientamento ai tempi di <i>City</i>.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Lo accetto, ma sento il bisogno di chiudere con <i>Emmaus</i> e respirare aria più luminosa. Scriverci qualcosa e passare ad altro. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;"><i>City</i> mi aveva lasciato un bisogno di rilettura e la voglia di scavarci dentro.</span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;"><i>Emmaus</i> mi lascia il bisogno di chiudere con <i>Emmaus</i>.</span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Per chiudere con <i>Emmaus</i> però devo guardarlo in faccia e riconoscerlo lungo la strada di casa. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Potrei partire da questa cosa che qualcuno ha scritto sulla </span><a href="http://it.groups.yahoo.com/group/oceanomare_baricco/"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">mailing-list di Oceanomare.com</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> e che condivido:</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;"><i>Più vero di Questa Storia. Più essenziale di Senza Sangue. Meno cervellotico di City. Meno romanzo di quanto non dica quella scritta sulla copertina, infinitamente meno</i>. </span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">O da quest’altra: </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;"><i>Emmaus, Questa storia... erano già dentro di lui anche quando ha scritto Oceano mare, o Castelli di Rabbia, ma in forme e con urgenze diverse; sono le sue mille facce, è la sua complessità, è, in un certo senso la sua "arte".</i> </span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Non c'è una svolta tematica in <i>Emmaus</i>, ché le buche sul marciapiede e i fili d'erba nelle crepe del muro sono quelli di sempre.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">È l'evoluzione stilistica che non mi sembra la consueta sperimentazione di strumenti diversi per arrivare all'autentico attraverso la stessa tecnica di sempre. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Baricco stesso spiegava che la sua scrittura mirava a </span><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Autocommenti/BariccointornoallAutentico/tabid/191/language/en-US/Default.aspx#segnaletica"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">prendere l'autentico alle spalle</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">, attraverso qualcosa di apertamente artificiale che, da dentro il nostro immaginario collettivo fosse stata capace di evocare </span><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Ledissertazionideiprofessori/tabid/147/language/en-US/Default.aspx#tacco"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">bagliori epifanici dalle feritoie della superficie del reale</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> (ché </span><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/LestoriediShatzy/tabid/144/language/en-US/Default.aspx#casaideale"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">la vita vera, quella, si sa, non parla</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">).</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">In Emmaus mi sembra di intravedere qualcosa di diverso sotto l'evidente asciugarsi della scrittura. Come il tentativo di un'altra scrittura. La ricerca di un altro modo per arrivare all'autentico.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Come se avesse detto: e vabbe', proviamo una nuova tecnica e vediamo se arriviamo agli stessi risultati o chissà dove.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">E questa cosa poi, vai a capire perché, era nell'aria.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Come se sapessi che non poteva continuare con quella scrittura. Come se con <i>Questa storia</i> fosse chiaro che avesse messo un punto a quella scrittura. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Come se non ci fossero più spiragli per quello.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;"><i>Ultimo</i> si chiama il personaggio intorno al quale ruota <i>Questa storia</i>. </span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"><span style="color: #134f5c;">Penso </span><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Echiinaltreopere/CityinLezioneventuno/tabid/250/language/en-US/Default.aspx#ultima" style="color: #134f5c;"><b><span style="color: #134f5c;">all'ultima lezione di Kilroy in <i>Lezione 21</i></span></b></a><span style="color: #134f5c;">... era scrittura vecchia ormai quella di Baricco.</span></span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Penso che non avrebbe potuto fare altrimenti.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Certo, si potrebbe dire che in realtà Baricco con <i>Emmaus</i> sta solo guardando in faccia, una volta di più </span><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Unasporcheriadolcissima/tabid/252/language/en-US/Default.aspx"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">la sporcheria dolcissima</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> del nostro vivere dentro i racconti che ci facciamo, unica alternativa al morire (o più probabilmente l'altra faccia del nostro morire). Si potrebbe dire che sta solo raccontando il nostro immaginario, utilizzando stavolta come parabola, anziché western, fumetti, film e letteratura americana, romanzi ottocenteschi e poemi omerici, quella peculiare narrazione che sono i testi sacri. Si può sicuramente dirlo e sentirsi sulla strada di casa, <i>Iliade</i>, <i>Moby Dick</i>, <i>Vangelo</i>, depositi di archetipi della narrazione. </span><br />
</div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><span style="color: #134f5c;"><br />
</span><br />
<span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"></span><br />
</div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure, alla fine, c'è qualcosa che non quadra. Non mi sembra esattamente lo stesso tipo di lavoro.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">La verità è che la continuità con i romanzi precedenti io la vedo proprio nell’offrirsi della scrittura di Emmaus come immagine speculare della scrittura dei romanzi precedenti..</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Quello che mi sembra di vedere, guardando la scrittura di <i>Emmaus</i>, è un calco della scrittura costruita in precedenza da Baricco. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Come se avesse rivoltato uno di quegli stampini di gomma per dolci. Dove c'erano i vuoti, qui ci sono i pieni e viceversa.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c’erano immagini visionarie costruite da una scrittura di una ricchezza debordante, qui ci sono parole di un nitore tagliente offerte da una scrittura di una perfezione essenziale. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c'erano mondi narrativi che partivano da testi e sequenze cinematografiche per arrivare ad effetti di realtà, qui c'è un mondo in qualche modo reale che parte da contesti e ricordi di frammenti di vissuto per arrivare alla più alta delle costruzioni dell'immaginario condiviso, la dottrina del sacro.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove prevaleva una dimensione spaziale della scrittura, che accostava le storie come quartieri di una città, qui la variabile principale è il tempo, che sembra l'unico fattore determinante di accadimenti che non si dispiegano mai in una storia.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c'era un punto di vista esploso, multifocale, senza centro, qui c'è un punto di vista immobile, a focale fissa, collocato in un punto preciso del tempo, esterno agli accadimenti. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c'erano voci narranti che si specchiavano e sovrapponevano o si incastravano in un gioco di scatole cinesi, qui c'è un racconto che si srotola monocorde da un'unica voce, e poco importa che Baricco esibisca il “noi”, di un soggetto plurale.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c'erano spinte centrifughe che portavano la mente o il cuore del lettore ad espandersi e vagare per le distese immaginate dal proprio sguardo o a inabissarsi nelle profondità percepite dalla propria sensibilità, qui c'è una forza centripeta che porta la mente o il cuore del lettore verso un punto immobile al centro della materia di cui è fatto.</span><br />
</div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Ledissertazionideiprofessori/tabid/147/language/en-US/Default.aspx#ninfee"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Dove c'erano le Ninfee</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">, senza coordinate, galleggianti in uno spazio senza gerarchie in cui non esistono vicinanza e lontananza, sopra e sotto, prima e dopo, che ruotavano, messe in movimento dalla curvatura delle pareti, a ritrarre lo sguardo di un occhio impossibile, </span><a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Lamadrevergine/tabid/253/language/en-US/Default.aspx"><b><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">qui c'è una Madonna nella totale l'immobilità</span></b></a><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;"> di un sempre, senza peso che debba cadere, o piega fermata in qualche sciogliersi, o gesto da portare a termine, senza arresto del tempo nel taglio tra un prima e un dopo, in cui lo sguardo si inabissa, seguendo una traccia che sembra obbligata e si fissa in un unico punto, gli occhi vuoti, fatti per ricevere lo sguardo, cuore cieco del mondo.</span><br />
</div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><span style="color: #134f5c;"><br />
</span><br />
</div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure...</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure i personaggi sono come sempre figurine di carta, icone, per quanto ci sia qualche elemento di descrizione in più.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure la storia non è comunque una trama, e il libro è molto meno romanzo di quanto si potesse immaginare dalle anticipazioni e dalle recensioni sui giornali.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure il tempo e lo spazio non sono, a guardarli bene, così contestualizzati come potrebbe sembrare e Torino e il Cattolicesimo degli anni settanta, non sono, in definitiva, altro che una città invisibile della mente, a metà strada tra memoria e immaginario, collocata in quel punto in cui i nomi che diamo alle cose e il nostro morire sfumano gli uni nell'altro.</span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Eppure il sistema percettivo anomalo di cui è calco l'occhio impossibile delle Ninfee è una condizione di dolore e negli occhi della divinità impossibile della madre vergine riposa lo sguardo di tutto ciò che nell'esperienza umana conosciamo come strazio e squarcio.</span><br />
</div></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><span style="color: #134f5c;"><br />
</span><br />
</div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Un calco non è che il medesimo oggetto visto dall'alta parte. E alla fine, sono esattamente al punto di partenza. </span><br />
</div></div><div style="text-align: justify;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">Mi sa che non ho ancora chiuso con <i>Emmaus</i>.</span><br />
</div></div><div style="text-align: right;"><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none;"><span style="color: #134f5c; font-family: "Trebuchet MS",sans-serif;">MT</span><br />
</div></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-41702619853294718162009-11-08T12:03:00.015+01:002010-09-27T06:53:37.539+02:00Prima di rileggere Lezione ventuno<div style="text-align: justify;"><div style="color: #134f5c;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixQ726X6lVwTOPrBBADCpkBEcPErDmyknt12qNuqRM6vbPAdISgibxXzl6qo4SiLAXdTcvShfqpDjb4IlWgWk8EiC6jcvGTXZA_kUk_yN9VoVzMbRtf0B4-JJluGXT6_xFiPfQCU08fYU/s1600-h/Locandina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="181" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixQ726X6lVwTOPrBBADCpkBEcPErDmyknt12qNuqRM6vbPAdISgibxXzl6qo4SiLAXdTcvShfqpDjb4IlWgWk8EiC6jcvGTXZA_kUk_yN9VoVzMbRtf0B4-JJluGXT6_xFiPfQCU08fYU/s200/Locandina.jpg" width="129" /></a>Nel sito <a href="http://www.labcity.it/">labcity.it</a> adesso c’è una <a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Echiinaltreopere/CityinLezioneventuno/tabid/250/language/en-US/Default.aspx">pagina dedicata a <i>Lezione ventuno</i></a> con la trascrizione dei testi delle scene del film in cui compare il prof. Kilroy o si parla di lui. Gli attori dettavano. Io scrivevo</div></div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Rivedendo quelle scene, mi è venuta voglia di gustarmi l’intero film al pc, da vicino, come leggendo un libro, soffermandomi sui fotogrammi o riascoltando i brani, come sfogliando delle pagine.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Prima di questo esperimento di lettura del film, però, sono andata a cercare quello che avevo scritto da qualche parte, subito dopo avere visto il film al cinema. Così mi è sembrato che questo spazio, annidato tra le pieghe del lavoro che sto facendo su <i>City</i>, fosse il posto adatto per accogliere quei pensieri che di quel lavoro sono indubbiamente un riflesso. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;"><br />
<br />
</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">___________</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Ho atteso l’uscita del film col gusto di chi attende il piacere di una cosa che conosce già, come se in un certo senso lo avessi già visto e o letto. Troppi trailer e interviste per temere una delusione. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Guardando i trailer pensavo che i personaggi avevano proprio l'aspetto che mi immaginavo. Kilroy era uguale al Kilroy della mia mente. Martha era uguale alla mia Shatzy. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Sapevo anche che questo film, per me, avrebbe comunque generato un’onda lunga che sarebbe arrivata, un giorno, ad arenarsi dentro il sito su City a cui lavoro da anni e, come Shatzy col suo western, conto di non schiattare prima di averlo finito.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Avevo anche letto il commento, sulla mailing list dentro la quale scrivo, di qualcuno che legge Baricco con una focale che si avvicina alla mia e i suoi occhi mi avevano confermato il film che avevo in mente.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Poi ho visto il film.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Le prime domande che mi sono state fatte uscendo dal cinema sono state: "ti è piaciuto", ma anche "che significava". E mi mancavano le parole per entrambe le risposte ma avevo bisogno di silenzio e di far durare quella commozione che era venuta fuori senza che me ne rendessi conto, figlia di un’emozione che non c'era durante buona parte del film e che invece, dopo, continuava fuori dalla sala.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">So bene che la commozione non è recensione positiva o negativa, e devo dire che, fino a un certo punto, durante il film provavo una netta sensazione di distanza, anzi, quasi il bisogno di prendere distanza, da alcune scene che mi sono sembrate decisamente brutte. Certe frasi che mescolavano alla dimensione onirica di un immaginario da romanzo ottocentesco riferimenti a metropolitane e discoteche, quiz televisivi, alieni, bastoncini di pesce, saranno state anche molto “barbare” in senso baricchiano ma il risultato era comunque grottesco. Poi ho pensato che il segreto era riuscire a leggere quelle immagini dissonati come frasi della lezione di Kilroy, raccontate dal suo personaggio, tra l'incanto e il fumetto. E allora ogni pezzo è andato a posto.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Forse il film avrebbe dovuto soffermarsi più su Kilroy e sul suo modo di fare lezione, per portare per mano lo spettatore dentro i mondi che passavano sullo schermo. Invece lascia quasi subito lo spettatore solo, nel cuore delle immagini, a faticare alla ricerca di punti fermi in una dimensione priva di coordinate spaziotemporali fisse. Eppure in mezzo a quel disorientamento, che costringe la mente ad essere vigile per cercare di raccapezzarsi, l’emozione in qualche modo lavora sotto.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">La mattina dopo, dopo il silenzio di cui avevo bisogno per bere quella strana emozione, difficile da inquadrare, ma che a un certo punto era arrivata, ho pensato che Baricco l'ha fatto apposta, che ha fatto quella cosa che dice di aver fatto anche con City: disorientarti e farti sentire solo e perso in una città estranea per poi farti riconoscere una musica che ti appartiene, in lontananza, che altrimenti, nella tua città, non avresti notata (<a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/DaBaricco/IntornoaCity/tabid/190/language/en-US/Default.aspx#salone">Baricco al salone del libro di Parigi del 2002</a>). La musica che ti appartiene la senti, a un certo punto, mentre vaghi con dei punti interrogativi sulla faccia dentro Lezione 21, e ci sono note dappertutto, sparpagliate. Senti il Baricco che conosci e un sacco di cose che hai amato nei suoi libri. Ti si forma un sorriso ebete quando uno dei busti incipriati dice "voilà".</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">L'emozione di Lezione 21 è un’emozione che lavora senza farsi notare, e in sordina si allarga, mano a mano che riconosci le frasi, le immagini, i personaggi e le storie conosciute. Ed è un’emozione che continua a lavorare nel tempo.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Non è stato facile “vedere” un film. Quello era “il film di Baricco”.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Per tutto il tempo c’era l’ impressione di stare lì a leggere un suo libro. Solo che il libro stavolta aveva le figure in carne e ossa e la musica non la faceva Shatzy con la bocca. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Mentre le pagine del libro scorrevano sullo schermo, si sarebbe potuto dire “che noia, non c’è niente di nuovo” e invece era una sensazione confortante quel riconoscere il proprio sguardo su Baricco nello specchio del suo film.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Ma, se il mio sguardo su Lezione 21 è completamente fregato dalle 20 lezioni precedenti di Baricco, anche lo sguardo del Baricco di Lezione 21, è comunque quello delle sue 20 precedenti lezioni. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Si invecchia insieme. E a me piace.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Baricco non dà l'impressione di volere stupire con cose nuove da dire, ma di volere continuare a dire le sue cose, facendole dire a strumenti diversi, romanzi, saggi, letture teatrali, programmi tivù, interviste, barnum, film. Una sinfonia. Ogni strumento può suonare tutta la melodia, ma nel contempo aggiunge sfumature e colori alla sinfonia.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Forse, come diceva qualcuno in mailing, list questa tenacia è la sua forza e la sua condanna al tempo stesso. Delle due derive in cui invecchiano forza e leggerezza, che “sono inevitabili e sono le due portanti di tutti gli uomini” (secondo quanto Baricco ha detto a Mollica in un’intervita al Tg1), la deriva in cui invecchia la forza è la complessità che finisce con l’imprigionare la forza stessa dentro le strutture sempre più articolate che costruisce. E lo sguardo di Baricco invecchia e acquisisce complessità, ma non si distoglie dal panorama che ama guardare. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">É un film sulla vecchiaia Lezione 21, dell’uomo e dei tempi. Era gia in nuce ne I barbari e Baricco dice che ogni sua opera porta dentro già in nuce la successiva. Se dovessi riassumerlo in una frase, direi che tratta di un’istantanea sul destino dell'uomo, solo nel ghiaccio che costruisce il suo attimo di bellezza dentro il suo morire, anzi come dice Kilroy, in cambio del suo morire. Dice in cambio del morire e non in cambio della morte. E fa differenza.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">E' c'è tutto Baricco. Il resto è complessità, e nomi per storie da raccontarsi, e tempo che passa. «Morire e dare nomi - non si fa altro di sincero, probabilmente, per il tutto il tempo che si campa» dice Baricco in Questa storia.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Arriverà anche per Baricco il momento in cui gli altri lo percepiranno come ‘vecchio’ e pesante e gli preferiranno la leggerezza di un Rossini nuovo, ammesso che non sia già arrivato. </div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Ho sentito tanti lettori che avevano adorato Oceano mare non riconoscere più il proprio sguardo nello specchio delle opere di Baricco già a partire da City. Ho sentito altri annoiarsi perché Baricco non fa più nulla di veramente nuovo.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Ho ascoltato una giornalista dire per radio che Lezione 21 non richiama l'immaginario dei suoi libri, forse le sue passioni, la sua presunzione ma l'immaginario è decisamente diverso.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">In Lezione 21 a un certo punto Martha dice una cosa tipo che Beethoven era stato abbandonato perché faceva musica colta e il grosso pubblico non lo capiva. Ma Kilroy le risponde una cosa tipo: cazzate! era intelligente il pubblico di Beethoven prima e poi diventarono tutti cretini? No... in quei dieci anni il mondo era cambiato e loro erano andati avanti col mondo. Beethoven era il vecchio.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Mi sono sempre chiesta del rapporto di Baricco col suo pubblico, quello che ha amato Castelli di Rabbia e Oceano mare. Non erano più "facili" Castelli di rabbia e Oceano mare. Non lo erano affatto. Ma piacevano di più. C’erano le stesse cose che si ritrovano in tutto quello che Baricco ha fatto dopo già in Castelli di mare e Oceano mare. Ma piacevano di più.</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Che significa?</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">I lettori sono andati avanti sulla strada della mutazione e lui, Baricco, è diventato il vecchio?</div><div style="color: #134f5c; text-align: justify;">Questa forse è la natura delle cose se è vero che la gloria è una scia di merda dietro la schiena e la vita è un duello <a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/IlwesterndiShatzy/tabid/145/language/en-US/Default.aspx#bird">come dice il vecchio Bird, il pistolero del western di City</a>. Uguale al Beethoven di Lezione 21, Bird. E Beethoven in Lezione 21 si vede per pochi secondi. Di spalle.</div><div style="color: #134f5c; text-align: right;">MT</div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-3552420044980856582009-08-29T12:54:00.007+02:002009-08-30T05:50:59.929+02:00Anteprima dalla pagina in costruzione "Le strade"<div style="text-align: right;"><a href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Personaggi/tabid/139/language/en-US/Default.aspx" style="color: #336666;">Vai alla pagina "Personaggi" e accedi a "Le strade"</a></div><br />
<div style="color: #134f5c; text-align: justify;"><blockquote>«C’è l'idea che lo scrittore deve sottrarre un po' della sua forza al personaggio, sennò ne farà un eroe, un soggetto nel senso hegeliano del termine. Ora, se gli si preleva un po’ di questa forza, si deve trovare qualcosa d'altro a questo personaggio, e ciò, è interessante. Se non è “lui”, “lei”, o un altro, che resta nella storia? È molto bello, perché lavori in un paesaggio che tu non conosci, dove tu cerchi dei punti di forza differenti», afferma Baricco nel Dialogue con Anne Dufourmantelle che apre la raccolta di saggi Constellations. </blockquote></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Baricco descrive City come un libro costruito come una città in cui le storie sono i quartieri e i personaggi sono le strade. I personaggi sono presentati nella loro funzione di collegamento delle storie che strutturano il testo, sia nella prefazione sui risvolti di copertina della prima edizione, dove Baricco afferma: «questo libro è costruito come una città, come l’idea di una città. […]Le storie sono quartieri, i personaggi sono strade», sia nella presentazione di City sul sito abcity.it, dove specifica: «ci tenevo, a City, perché dice cosa questo libro è sempre stato, nella mia testa. Una città. […] Pensavo alle storie che avevo in mente come a dei quartieri. E immaginavo personaggi che erano strade, e alle volte iniziavano e morivano in un quartiere, altre attraversavano la città intera, infilzando quartieri e mondi che non c’entravano niente uno con l’altro e che pure erano la stessa città».</span></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Se Baricco sottolinea la funzione di attraversamento e raccordo dei personaggi/strade, rispetto alle storie quartieri del libro/città, si potrebbe anche ipotizzare un testo strutturato come un web in cui i personaggi si muovono come un puntatore, attivando i link che aprono e connettono i nodi dell'ipertesto. In ogni caso, si può dire che i personaggi di City assolvono al duplice ruolo di rivelazione dei mondi racchiusi nelle storie del testo e di riduzione ad unità di essi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Sono personaggi deboli, a cui Baricco ha sottratto forza di soggetto per dotarli di un peculiare potenziale evocativo. Non sono “eroi”, ma sono il distillato di schiere di personaggi della letteratura, ma anche e soprattutto del cinema e dei fumetti e cartoon, sedimentati nei mondi dell'immaginario collettivo. Si muovono, richiamando da quei territori comuni emozioni condivise dai lettori. Sono personaggi già letti o già visti che non bisogna sforzarsi di ricostruire nella loro peculiare identità, ma che basta limitarsi a riconoscere da tratti appena accennati che rimandano a mondi narrativi non solo letterari, ma che costituiscono una costellazione «di esperienze diverse e in qualche modo anche equalizzate» secondo il modello di scrittura che Baricco espone durante l'incontro-conferenza con Doninelli del 2000 al CMC.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Il concetto è quello che, per l’uomo della postmodernità, un effetto di autenticità sia raggiungibile più facilmente ricorrendo all’evocazione delle repliche della realtà nei mondi dell’immaginario, che non col tentativo di descrivere direttamente la realtà esperienziale. Il soggetto mutante di cui parla Baricco ne I barbari , infatti, abita sempre più spesso le descrizioni del mondo, anziché il mondo stesso e utilizza tali descrizioni come strumento di percezione, di decodifica e di comunicazione delle esperienze.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Così, i personaggi di City vivono poco di vita propria, ma, come telecamere, riprendono per conto del lettore le visioni del suo stesso immaginario. Sono più forme che sostanze ma, se ogni lettore può riempire le forme con il proprio sguardo, assumendo una propria prospettiva, sono i personaggi a segnare comunque, come strade, il percorso e a ridurre il margine di soggettività, in quanto tengono lo sguardo del lettore ancorato ai mondi di un immaginario condiviso e quindi dotato di una sua oggettività. Lo scopo è sempre quello di arrivare a “stringere il cuore” di una qualche autenticità, prendendolo alle spalle attraverso l’aperta artificialità dei mondi narrativi dell’oggi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">[…]</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Il passo ulteriore, allora, è chiedersi su quali mondi Baricco voglia aprire lo sguardo del lettore attraverso gli sguardi dei personaggi di City e se, al di là dell’apparente frammentarietà, sia possibile cogliere una prospettiva capace di ricondurre a una sorta di unità quegli sguardi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">L’ambizione del progetto sta proprio nel tentativo di costruzione di una scrittura, sul modello già individuato nel barnum sulla Mezquita di Cordova, che conduca il lettore fin dentro uno “spazio-esperienza” capace di cristallizzare mille tempi, mondi, e materiali diversi e lo faccia sentire «da un sacco di parti, e per un istante, ma sgranato su secoli».</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Ogni personaggio/strada/link di City così guida il lettore verso quell’idea di esperienza aprendo l’accesso ai differenti mondi, stratificati eppure compresenti, del testo e riconducendoli all’unità molteplice di una “piccola mezquita del quotidiano”. Non si tratta della rappresentazione di visioni parallele affidate a personaggi differenti e neanche della descrizione di salti dei personaggi in dimensioni dell’immaginario, come tali distinte dalla realtà diegetica in cui essi vivono. Baricco cerca invece di costruire una visione simultanea dell’irriducibile molteplicità di una realtà in cui i piani dell’immaginario e dell’esperienza sono ormai confusi nella percezione del soggetto, sia esso lettore, autore o personaggio. È una realtà in cui la centralità del soggetto – sia pure del soggetto alienato della modernità – ha ceduto il passo alla centralità dei media che ne restituiscono l’immagine frammentata e infinitamente replicabile che Baricco descrive nel suo barnum su Tokyo del ’98 come «un videogame in cui tutto è già mondo esploso, e replicante».</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Il discorso torna allora al contesto narrativo e alla ricerca della tecnica descrittiva capace di “metabolizzare” la caotica simultaneità di una realtà di questo tipo e di restituirne l’essenza più autentica. Baricco lavora più che sulle voci, sugli sguardi per costruire uno sguardo impossibile, schizofrenico ed estremamente mobile, capace di prospettive a specchio o a incastro ma anche di mantenere nel contempo una qualche forma di unità. Ricorre, in sostanza, più che alla polifonia delle voci narrative, alla multifocalità dei punti di vista e fa mettere a fuoco dai personaggi di City la loro realtà, che è la stessa realtà in cui si muovono insieme a lettore e autore, da distanze e angoli visuali differenti. Costruisce personaggi che replicano se stessi nei loro mondi immaginari, mentre doppi schizofrenici di essi si incastrano nelle pieghe della diegesi come specchi deformanti. Nessun punto di vista è veramente centrale e di ogni personaggio ci si chiede dove finisca l’identità diegetica e dove cominci l’immagine visionaria costruita dall’immaginario di un altro personaggio o dal lettore stesso.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Scopo ultimo di Baricco tuttavia, non è neanche la descrizione della realtà per mezzo di uno sguardo adatto a coglierla, ma proprio la descrizione di quello sguardo e della sua costruzione e solo indirettamente la restituzione, presa alle spalle, della realtà. Quello che costruisce Baricco è lo sguardo di un occhio impossibile, frutto di un sistema percettivo mobile e senza centro, deformato da una condizione di dolore che, in quanto condizione condivisa, è ciò che riconduce a unità gli sguardi dei diversi personaggi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #336666;">Si può identificare quel sistema percettivo con lo sguardo anomalo, filtrato dalla pazzia, del personaggio di Ruth, plausibile narratore interno a City; si può anche considerarlo il risultato, costruito e descritto da un narratore esterno, dell’incrociarsi degli sguardi di tutti i personaggi; l’unità è comunque in quella condizione di dolore che compone in un’unica visione schegge di sguardi che, da distanze e angoli visuali differenti, fanno comunque male.</span> <span style="font-weight: bold;"></span></div><div style="text-align: right;"><span style="color: #336666; font-family: trebuchet ms; font-weight: bold;">MT</span></div><br />
<div class="photo photo_none"><div class="photo_img"><a href="http://www.facebook.com/photo.php?pid=3827967&op=1&view=all&subj=137848018360&aid=-1&auser=0&oid=137848018360&id=85540145239"><img alt="" class="" onload="var img = this; onloadRegister(function() { adjustImage(img); });" src="http://photos-h.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc1/hs175.snc1/6600_151210315239_85540145239_3827967_5369055_n.jpg" /></a></div><div class="caption" style="color: #336666;">Il prof. Mondrian Kilroy e Martha in "Lezione 21"</div></div><div class="clear_none" style="color: #003333;"><br />
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<span style="color: #003333;">LINK</span><br />
<span style="color: #003333;">Il Dialogue con Anne Dufourmantelle:</span><br />
<a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/DialogoconAnneDufoumantelle/tabid/189/language/en-US/Default.aspx" onmousedown="'UntrustedLink.bootstrap($(this)," rel="nofollow" style="color: #336666;" target="_blank">http://www.labcity.it/Stru<wbr></wbr>menti/Materiali/Dialogocon<wbr></wbr>AnneDufoumantelle/tabid/18<wbr></wbr>9/language/en-US/Default.a<wbr></wbr>spx</a><br />
<br />
L'intervista conferenza con Luca Doninelli:<br />
<a href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/DoninellieBariccoCMCmarzo2000/tabid/156/language/en-US/Default.aspx" onmousedown="'UntrustedLink.bootstrap($(this)," rel="nofollow" style="color: #336666;" target="_blank">http://www.labcity.it/Stru<wbr></wbr>menti/Materiali/Doninellie<wbr></wbr>BariccoCMCmarzo2000/tabid/<wbr></wbr>156/language/en-US/Default<wbr></wbr>.aspx</a></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-71938126307564581032009-07-27T06:19:00.007+02:002009-07-28T05:45:45.951+02:00L’ossimoro dell’onestà intellettuale allo specchio di Google<div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" >Il regno dei ragni rema contro: Google ha sbattuto il sito in fondo al suo indice, all’improvviso, e senza apparente motivo dopo averlo innalzato, gradatamente, e mano a mano che il sito cresceva e gli accessi aumentavano e i link da altri siti si ramificavano, fino al Gotha della seconda pagina.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" >Gli accessi al sito ci sono, il lavoro continua a piacermi. Dovrebbe bastarmi.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" >Fare questo sito è un piacere che la vita e l’età mi lasciano assaporare.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" >Posso solo ringraziare la vita e l’età e lo faccio: immensamente grata.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" >E allora? Cos’è questa smania di controllare spesso la posizione del sito su Google e cosa è la frustrazione che provo vedendola scivolare sempre più in fondo?</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >E cosa era la compiaciuta fierezza che provavo quando, appena un mese fa, assistevo alla scalata del sito lungo le stesse pagine? Vedevo il sito lasciarsi ogni giorno alle spalle i compagni di pagina su Google. Ed era bello.</span><br /><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);">"</span><a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/IlwesterndiShatzy/tabid/145/language/en-US/Default.aspx#finale">Il resto è poesia inutile</a>. Phil Wittacher sorride. - Non è un duello, la vita -, dice. Melissa Dolphin spalanca gli occhi. - Certo che lo è, idiota. Musica." </span></blockquote><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Fare il sito è una cosa bella. É gratis. Non devi farci soldi né un esame.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >É una pietanza che offri su un piatto per chi abbia voglia di assaggiarne e il piacere sta nella ricerca e nella scelta degli ingredienti e nel combinarli insieme per farli cuocere a fuoco dolce.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Poi porti in tavola e offri a chi abbia voglia di assaggiare.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Gli accessi al sito ci sono, il lavoro continua a piacermi.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Dovrebbe bastarmi.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >E allora?</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Cos’è questa smania di controllare spesso la posizione del sito su Google?</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >E cosa è la frustrazione che provo</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >vedendola scivolare sempre più in fondo?</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >E cosa era la compiaciuta fierezza che provavo quando,</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >appena un mese fa,</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >assistevo alla scalata del sito lungo le stesse pagine?</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Vedevo il sito lasciarsi ogni giorno alle spalle dei compagni di pagina su Google.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Ed era bello.</span><br /><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;">"<a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Ledissertazionideiprofessori/tabid/147/language/en-US/Default.aspx#saggio">vogliono solo essere vivi</a>, anche i migliori, quelli che costruiscono giustizia, progresso, libertà, futuro, anche per loro è tutta una faccenda di sopravvivenza, vagli più vicino che puoi, se non ci credi, guarda come si muovono, chi hanno intorno, guardali e prova a immaginare cosa sarebbe di loro se per caso un giorno si svegliassero e cambiassero idea, semplicemente, cosa rimarrebbe di loro, prova a estorcergli una risposta una che non sia una istintiva autolegittimazione, vedi se riesci anche una sola volta a sentirli pronunciare la loro idea con lo stupore e l’esitazione di uno che la scopre in quel momento e non con la sicurezza di uno che ti sta mostrando orgoglioso la devastante efficacia dell’arma che impugna, non farti fregare dall’apparente mitezza del tono, dalle parole che scelgono, astutamente miti, stanno lottando, Gould, lottano con i denti per la sopravvivenza, per il cibo, la femmina, la tana, sono animali, e sono i migliori, capisci?, cosa puoi aspettarti di diverso dagli altri, dai piccoli mercenari dell’intelligenza, dalle comparse della grande lotta collettiva, dai piccoli guerrieri vili che sgraffignano detriti di vita ai margini del grande campo di battaglia, commoventi spazzini di salvezze irrisorie"</span></blockquote><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Se il prof. Kilroy potesse assistere allo spettacolo del mio smarrimento, vomiterebbe commosso.</span><br /><div style="text-align: right;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >MT</span><br /></div></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-43747188261737603682009-07-03T05:51:00.007+02:002009-07-03T06:12:22.913+02:00Dove finisce il mare<meta equiv="Content-Type" content="text/html; charset=utf-8"><meta name="ProgId" content="Word.Document"><meta name="Generator" content="Microsoft Word 12"><meta name="Originator" content="Microsoft Word 12"><link rel="File-List" href="file:///C:%5CDOCUME%7E1%5CMARIAT%7E1%5CIMPOST%7E1%5CTemp%5Cmsohtmlclip1%5C01%5Cclip_filelist.xml"><!--[if gte mso 9]><xml> <o:officedocumentsettings> <o:relyonvml/> <o:allowpng/> </o:OfficeDocumentSettings> </xml><![endif]--><link rel="themeData" 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text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Agosto 2004. Domenica sera siamo arrivati a Grenen, la punta estrema a nord della Danimarca. C’è una lingua di spiaggia sabbiosa che separa il Baltico dal Mare del Nord.<o:p></o:p></span></span></p><div style="font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Abbiamo posteggiato il camper vicino al faro e siamo scesi in spiaggia. Ci siamo incamminati che era l’imbrunire, io un po’ contrariata perché avevamo fatto tardi per il tramonto. Il sole era già entrato nel mare ma il cielo era ancora rosa e l’acqua era argento e rosa di francia e acquamarina, liquidi e mescolati insieme, ma non del tutto fusi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Ci siamo incammininati verso la punta seguendo il bordo del mare, alla nostra destra, lungo la spiaggia deserta. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Fino a quando<span style=""> </span>il mare è comparso anche di fronte a noi. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Fino a quando la lingua di sabbia si è assottigliata sotto i nostri piedi. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Fino a quando il fiato si è mozzato.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Fino al punto.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Un punto che era sospeso all’incontro dei limiti.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Parlare di bordo o di dove finisce il mare sarebbe riduttivo. Un bordo delimita qualcosa con una linea. Il mare finisce lungo quella linea, che non sai cogliere, che lo separa dalla terra.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Ma quello era un punto.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><i><span style="">Il</span></i><span style=""> punto.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Il vertice di un triangolo di sabbia. Le onde di due mari che si infrangono le une sulle altre a partire da quel vertice. Le onde non ti arrivano di fronte per battere sulla terra ma arrivano da destra e da sinistra e si incrociano. Il mare finisce nel mare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Sono tre le linee che convergono in quel <i>punto</i>: la linea della costa alla tua destra, la linea della costa alla tua sinistra, la linea delle onde che si scontrano di fronte a te.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">E alla convergenza di quelle linee, ci sei tu.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lo stupore ti impedisce di pensare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">La bellezza di quello che vedi ti impedisce di guardare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Sai che, appena la mente e gli occhi prenderanno le redini, penserai e guarderai da un angolo visuale molto baricchiano. Sai che farai riflessioni sulla vita e sulla morte e assapori il rinviare quel momento. Ti godi lo stupore e la bellezza.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">E lo stupore e la bellezza si accaniscono. Spunta la luna piena, rossa, dal mare. I bambini vedono una stella cadente.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">È possibile tutto questo?<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Ti chiedi cosa mai avrai fatto di buono nella tua vita per meritarlo.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Ti chiedi cosa mai ti ha portato in quel posto di cui fino a un mese fa non sapevi l’esistenza, giusto all’imbrunire di una splendida giornata di sole dopo pioggia e nebbia, a quell’ora in cui non si vedono turisti in giro, proprio in una notte di luna piena, nel periodo in cui cadono le stelle.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">È troppo. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Cominci a camminare sulla via del ritorno e stupore e bellezza ti seguono. Cammini e ti ritrovi ancora al vertice tra la linea del riflesso della luna sul mare e la linea del riflesso della luce del faro. Tu cammini e le due strisce di luce convergono verso di te.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Appena arrivata in camper ho programmato la sveglia per le cinque meno un quarto della mattina dopo. Qui in questo periodo c’è già luce a quell’ora. Non volevo perdere l’uscita del sole e volevo essere ancora lì, nel <i>punto</i>, da sola, con la mente e gli occhi, stavolta. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lunedì mattina, ancora una splendida giornata di cielo limpido. Rifaccio la strada e stavolta ho la videocamera con me e tutto l’apparato di possibili considerazioni esistenziali carico.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Argento, rosa di francia e acquamarina, liquidi e mescolati insieme ma non del tutto fusi. Gabbiani.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Luna piena che cala alle mie spalle, accanto al faro.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Mare a destra, poi mare di fronte e la punta.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Ci sono delle persone, meno di una decina, e un cane, già lì per vedere l’alba.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Io arrivo, il sole sorge, rosso. Meraviglia: sorge quasi sulla linea delle onde che si infrangono le une sulle altre. Tutti fotografano o filmano. Pure io.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Poi vanno via tutti e io mi siedo sul quel triangolo di sabbia, a prua della Terra. Il sole di fronte a me è ancora rosso. Il mare è oro e acquamarina, liquidi e mescolati insieme ma non del tutto fusi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Il riflesso dorato del sole è una linea che quasi coincide con quella delle onde dei due mari che si scontrano. Come può la casualità degli eventi gestire una regia così perfetta in ogni particolare? Così deve essere nata la vita sulla terra dal brodo primordiale, per un convergere di circostanze casuali in una regia perfetta. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style=""><o:p> </o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">La mia amica Laura mi ha scritto in un sms che AB c’è stato al <i>punto</i>.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Per i suoi lettori, trovarsi lì, quando mente e occhi riescono a riprendere il sopravvento su stupore e bellezza, non può non comportare un doppio effetto di ritorno: da un lato quei testi che ci portiamo dentro ritornano arricchiti dall’esperienza che porta nuovi elementi interpretativi, ma dall’altro lato quell’esperienza di vita, per essere decodificata, non può più prescindere da quei testi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Leggiamo libri, film e, ahimè, esperienze, solo grazie ai libri, film e alle esperienze che abbiamo già letti. Costruiamo testi grazie ai testi che possediamo. Decodifichiamo in base a quello che già sappiamo.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">Comunque io ero lì, un lunedì mattina, seduta a prua della Terra, a chiedermi cosa finiva in quel punto, se la Terra o il Mare. A decodificare simboli.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">Io a prua della Terra, il mio elemento, con i piedi affondati nella sabbia umida come radici.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">La madre terra, nido e tana, e sentieri da percorrere fino ad arrivare al bordo.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">E poi il Mare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">La Terra, vita che comincia e finisce. Il Mare, infinito che l’avvolge.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">O guardi o giochi. E normalmente giochi. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="">Direbbe Shatzy: </span><o:p></o:p></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p class="MsoNormal" style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><blockquote face="trebuchet ms">«Con la mente altrove, lì a schiacciare pulsanti blu o rossi, cercando di indovinare. Un gioco d’abilità. Te lo fanno fare per distrarti. Dato che funziona, perché mai non ci dovresti stare?»</blockquote><o:p></o:p></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Normalmente giochi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">A volte guardi, sulla costa, e cerchi di capire dove finisce la terra e comincia il mare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Cerchi di capire il senso di quel bordo. E a volte ti sembra di riuscirci, per un istante, e pensi che il senso sia nel Mare. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">La Terra finisce, esausta di strade percorse o mai imboccate. Esausta di scelte fatte ad ogni bivio.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Sul bordo non ci sono più sentieri da scegliere, mele da cogliere, cattedrali da costruire. C’è una linea che dice: basta. E il Mare. Dice la canzone: <i style="">Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione, e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione, perché più in là non si poteva conquistare niente</i>.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">A volte ti sembra di capire che il senso di tutto sia proprio in quel “basta”, nella pace di quel mare dove la vita è nata e dove la terra finisce. A volte ti sembra di potere accettare che il fine sia proprio la<i> fine</i> e ti da pace.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">A volte, sulla costa. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Su quella punta no.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lì è diverso e tutto ti si confonde.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lì il bordo scompare e tutte le linee convergono verso <i>il punto.<o:p></o:p></i></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">La Terra fatica lì, si fa prua. Non si abbandona al mare ma lo taglia. E il Mare, in quel punto, perde il suo senso di infinito. Le onde non arrivano più a prendersi la Terra, ma si scontrano tra loro in una fatica inutile. E allora te la ridi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Te la ridi dell’inutilità del Mare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Della paura che ti fa e di tutte le storie che ci ricami sopra, per accettarlo e sconfiggerne la paura.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lì, al</span><i style=""><span style=""> punto</span></i><span style="">, il senso non è più neanche nel Mare.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Come non può essere nelle tane che hai scavato, nelle strade che hai percorso, nelle cattedrali che hai costruite. Tutta quella Terra finisce in quel punto, ma in quel punto finisce anche tutto quel mare, nella assoluta vacuità delle onde contro le onde.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Lì, non c’è più un senso al di fuori di quel punto stesso.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">E quel punto sei tu, in quell’istante in cui sei il centro dell’universo.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Tu sei il punto e l’istante in cui convergono il mare e la terra per acquistare un senso.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">E te la ridi.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Non per niente, tutti, lì, si fanno fotografare su quel vertice di terra, in piedi, le spalle alle onde che si incrociano, con un enorme sorriso in faccia e con le braccia aperte, al centro di tutte le direzioni.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Si sentono </span><i style=""><span style="">il punto</span></i><span style="">. <o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">E se la ridono.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="color: rgb(51, 102, 102); text-align: justify; font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;" class="MsoBodyText"><span style="font-size:85%;"><span style="">Li ho guardati, più tardi, quando sono tornata alla punta con la famiglia. Decine e decine di turisti che affollavano quel triangolo di terra. Arrivavano con un pulmino trainato sulla sabbia da un grosso trattore, camminavano fino al </span><i style=""><span style="">punto</span></i><span style="">, ridevano, si facevano fotografare con i piedi in acqua proprio al vertice dell’angolo, spalle al mare e braccia aperte, al centro dell’universo dei significati.<o:p></o:p></span></span></p><div style="text-align: justify; font-family: trebuchet ms;"> </div><p style="text-align: justify;" class="MsoBodyText"><span style=";font-family:";" ><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-family: trebuchet ms;font-family:trebuchet ms;font-size:85%;" >Ma soprattutto ridevano.</span><o:p></o:p></span></p> MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-4631033385726267942009-06-30T06:17:00.005+02:002009-06-30T18:40:35.950+02:00Il Salone della Casa Ideale tra le case danesi<div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Luglio 2004. Siamo sbarcati in Danimarca lunedì sera alle dieci, dopo avere traghettato da Puttgarden, in Germania. Ci siamo fermati a campeggiare in un paesino, Maribo, e già attraversandolo, mi ha </span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >dato, netta, una sensazione che posso esprimere ai lettori di City usando poche parole e avendo nel contempo la certezza di arrivare a tutti nello stesso modo: I<a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/LestoriediShatzy/tabid/144/language/en-US/Default.aspx#casaideale">l Salone della Casa Ideale</a><span style="color: rgb(51, 102, 102);">.</span></span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Immaginate un paesino costruito con i lego, ma con quelli della mia generazione, senza tutti quei pezzi speciali già pronti e magari pure stampati con i particolari di quello che devono costruire. Immaginate mattoni rigorosamente rossi, tegole verdi, porte e finestre a riquadri bianchi, qualche ringhierina e qualche pezzo ad arco, ma pochi. A quei mattoncini tutti uguali dovevi dirlo tu cosa costruire. E costruivi, però, immancabilmente, uno di questi paesini danesi. Loro, <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://it.wikipedia.org/wiki/LEGO">i mattoncini, ce l’avevano nel DNA</a>.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Immaginate che, alle dieci di sera passate di un lunedì di luglio, buio fuori e luci accese dentro le case dei lego, tutte quelle finestre con grandi vetri non abbiano scuri serrande persiane veneziane tapparelle e, nell’ipotesi in cui possano avere delle tende, siano tenute aperte.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" ></span><blockquote style="font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);">«La cosa incredibile è che costruivano delle vere e proprie case, e tu giravi, come in un paese assurdo, con le stradine e i lampioni agli angoli, e le case erano tutte diverse, e molto pulite, nuove. Era tutto molto a posto, le tendine, il vialetto, c’erano anche i giardini, era un mondo da sogno. Potevi pensare che era tutto di cartone e invece lo facevano con mattoni veri, anche i fiori erano veri, tutto era vero, ci avresti potuto abitare, potevi salire le scale, aprire le porte, erano case vere. È difficile da spiegare ma tu camminavi lì in mezzo e sentivi una cosa molto strana nella testa, come una sorta di meraviglia dolorosa. Voglio dire, quelle erano case vere, e tutto, ma poi, in realtà, le case vere erano diverse.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">[…]</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Erano vere, ma non erano vere: era questo, che ti fregava.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">[…]</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">ogni tanto le animavano, quelle case, cioè ci mettevano della gente dentro a far finta di vivere lì, che ne so, un signore seduto in salotto a leggere il giornale e fumare la pipa, e perfino dei bambini, in pigiama, a letto, nei letti a castello, una meraviglia, noi non li avevamo mai visti i letti a castello. Era sempre per ottenere quell’effetto di ideale, capisce? Anche loro, i personaggi, erano ideali.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">[…]</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Non so se ha presente, colonnello. È un po’ come quando si guardano i trenini elettrici, soprattutto se c’è il plastico, con la stazione e le gallerie, le mucche nei prati e i lampioncini accesi di fianco ai passaggi a livello. Succede anche lì. Oppure quando si vede nei cartoni animati la casa dei topolini, con le scatole di fiammiferi al posto dei letti, e il quadro del nonno topo alla parete, la libreria, e un cucchiaio che fa da sedia a dondolo.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">[…]</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">D’altronde, non so se l’ha notato anche lei, in genere, se c’è qualcosa che ti colpisce come una rivelazione, puoi scommetterci che è una cosa fasulla, voglio dire, una cosa che non è vera. Prenda l’esempio del trenino. Lei può stare a guardare per ore una stazione vera e non succede niente, poi basta un’occhiata a un trenino e, tac, si scatena tutto quel ben di dio. Non ha senso, ma è dannatamente così, e alle volte più è idiota, la cosa che ti becca, più ci rimani appeso, con la meraviglia, come se ci fosse bisogno di una certa dose di impostura, di deliberata impostura, per ottenere tutto quello, come se tutto avesse bisogno di essere falso, almeno per un po’, per riuscire, dopo, a diventare qualcosa come una rivelazione.»</span></span></blockquote><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Ora, la riflessione di questi primi due giorni danesi (che anche gli altri paesini che ho visto dopo Maribo sono di quel tipo) è:</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >quelle che vedo io, qui, non “sembrano” ma “sono” case vere. Le piantine in fila all’interno dei davanzali alternate con vasetti gattini o riccetti o anatre di porcellana, “sono” vere. E la gente che vedo muoversi dentro i soggiorni, mangiare portando lentamente la forchetta alla bocca alla luce del lume posto al centro della tavola, “è” vera.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Eppure,</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >la meraviglia che provi</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >deriva, anche qui come sempre,</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >dal fatto</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >che tutto quel mondo “vero”</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >sembra finto.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >«La vita vera non parla mai», dice Shatzy. Qui ti parla perché ti sembra finta.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >I bambini hanno detto, a turno, in momenti diversi: «zia, sembrano le case delle bambole», «mi sembra di essermi rimpicciolita ed entrata nel paese delle bambole», «mamma, perché qua fanno le case che sembrano finte?»</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Poi la realtà spunta fuori dal bagliore di un televisore acceso, quello sì che è rassicurantemente vero.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Sarà per questo che in City il televisore è bandito e, l’unico che c’è non funziona e non si capisce neanche se sia di legno che sembra plastica o di plastica che sembra legno.</span><br /></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-76403759974795918682009-06-29T13:51:00.007+02:002009-06-30T18:39:57.536+02:00Viaggi nel dentro del mondo e nel mondo di fuori<div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Tra qualche giorno partirò con la roulotte gialla, che in realtà, nella vita vera, quella che non parla mai, è un camper, banalmente bianco con un po’ di grigio, ma che il destino ha dotato di un bordino sottile, ineluttabilmente giallo, che separa la parte bianca da quella grigia e che ha inevitabilmente richiesto delle tendine gialle alle finestre.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Il camper giallo di MT viaggia sulla linea di confine i tra mondi mentali e il mondo fuori, dove scorre la vita vera, quella che non parla mai.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Dice Shatzy:</span><br /><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;">«Anche i libri, o i film, è la stessa cosa. Più fasulli di così si muore, e se va a vedere chi ci sta dietro può scommetterci che troverà solo solenni figli di puttana, ma intanto ci vedi dentro cose che ad andare in giro per la strada te le sogni, e nella vita vera non le troverai mai. La vita vera non parla mai. È solo un gioco d’abilità, roba che vinci o perdi, te lo fanno fare per distrarti, così non pensi».</span></blockquote><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Il camper giallo di MT non sta fermo in giardino come la roulotte di Shatzy, ma viaggia dentro il mondo che è fuori e che, a sua volta e nello stesso tempo, scava il suo viaggio all’interno dei mondi che sono dentro MT.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Partirò tra qualche giorno e sarà un viaggio piccolo e vicino dal quale mi aspetto belle cartoline e poco altro.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Ci sono stati altri viaggi, lunghi e lontano, dentro i quali ho portato con me quello sguardo che può essere il centro intorno al quale ruota questo blog, a volerlo proprio cercare un centro.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" ><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Viaggiavo e scrivevo e raccontavo, sulla </span><a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://it.groups.yahoo.com/group/oceanomare_baricco/">mailinglist di Oceanomare.com</a>, quello che leggevo nei paesaggi che viaggiavo. Scrivere era uno dei modi per continuare a tenere in mano alcuni dei fili di Arianna che mi legavano al mio rientro.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Scrivere è una sporcheria dolcissima. Come leggere. </span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Scrive Baricco in Castelli di rabbia:</span><br /><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;">«leggere è una sporcheria dolcissima<br />[…]<br />quei treni che rigavano avanti e indietro il mondo come ferite fumanti si portavano dentro anche la solitudine impagabile di quel segreto: l'arte di leggere.<br />Tutti quei libri aperti, infiniti libri aperti, come finestrelle aperte sul dentro del mondo, seminate su un proiettile che offriva allo sguardo, solo si avesse avuto il coraggio di alzarlo, lo sfavillante spettacolo del mondo di fuori.<br />Il dentro del mondo e il mondo di fuori».</span></blockquote><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Scrivere è una sporcheria dolcissima. Come leggere. E forse anche lo sguardo del viaggiatore sul proprio viaggio lo è.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Scrive Saramago nella presentazione di Viaggio in Portogallo:</span><br /><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;"><span style="font-size:85%;">«Questo Viaggio in Portogallo è una storia.<br />Storia di un viaggiatore all'interno del viaggio da lui compiuto, storia di un viaggio che in se stesso ha trasportato un viaggiatore, storia di un viaggio e di un viaggiatore riuniti nella fusione ricercata di colui che vede e di quel che è visto».</span></blockquote><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-family:trebuchet ms;" >Tutto questo per dire che pubblicherò in questo blog alcune delle cose che ho scritto durante i viaggi, lunghi, di qualche anno fa, specchiando dentro quelle parole il riflesso dei miei passi dentro City.</span></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-90476095096092455552009-06-20T08:03:00.021+02:002009-06-27T08:33:10.527+02:00Ho passato tanto tempo dentro City<div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Ho passato tanto tempo dentro City e tanto altro anche fuori, dove si </span><span style="color: rgb(51, 102, 102);">fanno figli, ci si innamora, ci </span><span style="color: rgb(51, 102, 102);">si guadagna da vivere, si mangia insieme agli amici e tutto questo tempo è passato senza dolore. Commozione e nausea, quelle sì, ogni tanto, <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Ledissertazionideiprofessori/tabid/147/language/en-US/Default.aspx#ninfee"> <span style="color: rgb(51, 102, 102);">come per il prof. Kilroy</span></a><span style="color: rgb(51, 102, 102);">.</span></span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Ho passato tanto tempo anche dentro la <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://it.groups.yahoo.com/group/oceanomare_baricco/">mailing list di quell’oceanomare</a> che si muove intorno a Baricco e intorno a se stesso e alle sue onde di </span><span style="color: rgb(51, 102, 102);">lettura di libri e di vita.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Strano posto la ml, una <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Ledissertazionideiprofessori/tabid/147/language/en-US/Default.aspx#veranda">veranda di quelle del prof. Bandini</a>, a metà strada tra un libro, un diario e il bar della piazza.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Mi conoscono lì dentro.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Hanno vissuto il sito e contribuito alla sua costruzione che avviene anche attraverso quello che transita in ml.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Qualche mese fa scrivevo su City, partendo dall’osservazione che <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Dialoghi/tabid/162/language/en-US/Default.aspx#casa">il QI di Gould è pari a 108</a>, cioè decisamente nella media.</span><br /></div><div style="text-align: justify;"><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);"><span style="font-size:85%;">Che non ci sia alcun genio in City e quella di Gould e Shatzy sia tutta una storia inventata da un matto? E da chi? Gould, sua madre, tutti e due? Torna sempre il dubbio che Shatzy sia un personaggio immaginario, nato da una telefonata e da un tacco a spillo sul marciapiede, e che anche i professori lo siano.<br />Io non ho ancora trovato una mappa di City. C'è sempre un pezzo che manca. E alla fine mi fa comodo pensare che sia giusto così. Tutto fatto a posta.<br />Chissà se Baricco le ha tutte le tessere del mosaico di City o se ha inventato proprio un mosaico con dei pezzi mancanti. Propendo per l'ultima ipotesi.<br />Per un Baricco che si siede al pc e fa: "facciamo che sembri che Gould sia un custode di bagni che vive tutto il giorno nella merda e si inventa la storia di un bambino genio in fuga dal mondo il quale si inventa la storia di un pugile, di due amici immaginari, di 27 professori e di una governante la quale si inventa un western. Facciamo una cosa tipo remake di Castelli di rabbia dove la ragazza sul transatlantico con tutto il suo schifo addosso si inventava una città: Quinnipak".<br />Poi, sempre Baricco, si fa un giro per casa, torna al pc e fa: "però facciamo pure che invece sia Ruth, la madre pazza, a ricostruire la storia del suo bambino e a confondere un po' le cose perché, si sa, lei è pazza e ricordi e immaginario si confondono mentre li racconta a se stessa. Così ogni cosa va a posto perché tutto è vero e tutto è inventato e nessuno può distinguere il confine".<br />Il massimo poi è quando Baricco si appoggia alla spalliera della sedia, scivolandosi un po' e allungando le gambe sotto la scrivania, stiracchiandosi leggermente, e fa: "possiamo pure incrociare i racconti e fare che Gould e sua madre ... <a style="font-style: italic; color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Dialoghi/tabid/162/language/en-US/Default.aspx#padre">Si capivano, ridevano, avevano tutte delle storie loro</a><span style="font-style: italic; color: rgb(51, 102, 102);">. Sembrava un gioco</span> ".<br />E io?<br />Dovrei averne abbastanza per abbandonare il lavoro del sito e invece sono ancora qui a rigirare tra le mani il cubo di Rubik, inutile al mondo e alle mie dita, dice la canzone, bollato per sempre truffatore imbroglione, dottor professor truffatore imbroglione.</span></blockquote></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Mi conoscono in ml.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">E sanno come difendersi. Scrivono pure gli avvisi per i nuovi iscritti.</span><br /></div><div style="text-align: justify;"><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);"><span style="font-size:85%;">Avviso chiunque abbia avuto l'ardire di iscriversi da poco e che si trova un po' disorientato di fronte ai labirintici messaggi dell'archivista MT, che la suddetta altro non è che un personaggio di City scappato alle pagine del libro, o più probabilmente liberato dallo stesso autore.<br />O forse non è nemmeno un personaggio di City, probabilmente ne è un quartiere, o un sobborgo, di quelli nati per l'insediamento casuale di qualche immigrato che pian piano diventano essi stessi prima periferia, e poi quartieri e vengono inglobati nella metropoli.<br />E io quando sbircio la casella di posta oceanica e trovo un messaggio di MT mi sento come uno che torna, dopo anni, nella sua città.</span></blockquote></div><span style="color: rgb(51, 102, 102);">E il bello di tutto questo è che a MT piace.</span><br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Fine settimana in campagna, mare sullo sfondo, canto degli uccelli in sottofondo, progetti di lavorare al sito e all'itinerario del prossimo viaggio in <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Ipertesto/Patchwork/Dialoghi/tabid/162/language/en-US/Default.aspx#roulotte">roulotte gialla</a>.<br /></span><div style="text-align: justify;"><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:85%;" ><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);">- Ce ne andiamo a vedere il mondo, Gould. Basta con queste pippe.</blockquote></span></div><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:85%;" ><br /></span><div style="text-align: right;"><span style="color: rgb(51, 102, 102); font-weight: bold;font-size:100%;" >MT</span><br /></div>MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2864083565382389171.post-27765282796012588722009-06-13T11:36:00.029+02:002009-06-27T08:33:38.923+02:00La presentazione-specchio di www.labcity.it<meta equiv="Content-Type" content="text/html; charset=utf-8"><meta name="ProgId" content="Word.Document"><meta name="Generator" content="Microsoft Word 12"><meta name="Originator" content="Microsoft Word 12"><link rel="File-List" href="file:///C:%5CDOCUME%7E1%5CMARIAT%7E1%5CIMPOST%7E1%5CTemp%5Cmsohtmlclip1%5C01%5Cclip_filelist.xml"><link rel="themeData" href="file:///C:%5CDOCUME%7E1%5CMARIAT%7E1%5CIMPOST%7E1%5CTemp%5Cmsohtmlclip1%5C01%5Cclip_themedata.thmx"><link rel="colorSchemeMapping" 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href="http://www.labcity.it/Presentazione/tabid/216/language/en-US/Default.aspx">lavoro</a></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >La Presentazione, che sarà mai?</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >La Presentazione è stata una gran fatica per me e per quelli che mi stanno intorno e subiscono i racconti dei pensieri e degli stati d’animo che, ormai da mesi o forse da anni, gravitano intorno al sito. Ci sono quelli che subiscono, nei dintorni dell’alba, il riversarsi sul loro risveglio delle elucubrazioni antelucane di MT e ci sono quelli che subiscono, nei dintorni della pausa pranzo, il riversarsi sul loro abbiocco postprandiale degli aggiornamenti sul sito di MT. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Ai tempi della stesura della Presentazione del sito, sul finire dell’estate dello scorso anno, tutti quelli che subiscono hanno dovuto leggere e rileggere, ad alta voce, la Presentazione per settimane perché MT doveva sentirne il suono.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Settimane.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >La Presentazione.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Adesso sta lì, sul sito. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Non la leggo da mesi. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Chissà come suona.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Alla fine della Presentazione c’è scritto: </span>
<br /></span><span style="color: rgb(0, 0, 102);font-family:trebuchet ms;font-size:100%;" ><blockquote><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:85%;" >A Kublai Kan, imperatore di città invisibili, che domanda se, tornato a ponente, racconterà alla sua gente gli stessi racconti, Marco Polo, viaggiatore di città invisibili, risponde : «chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio».
<br />Dentro ogni viaggio ci sono tanti viaggi e ci sono racconti di viaggio per ogni orecchio e, dentro ogni città in cui viaggiamo, si moltiplicano le nostre città invisibili.
<br />Questo sito è l’approdo di un lungo viaggio, dentro e intorno a <span style="font-style: italic;">City</span>. Non aspira a raccontare il viaggio di Baricco, di per sé insondabile come ogni viaggio di ogni autore nell’intimo del proprio testo, e neanche a raccontare delle città invisibili incontrate, nelle derive del lungo viaggio da lettore, tra gli specchi del testo. Si propone piuttosto come punto di convergenza di diversi possibili viaggi.
<br />Racconta di un viaggio, all’interno di <span style="font-style: italic;">City</span>, orientato dalla costante verifica dell’aderenza delle proprie rotte a percorsi che il testo giustifichi, sia in relazione alla sua coerenza interna, sia in relazione alle coordinate della poetica di Baricco.
<br />Offre la possibilità di viaggi attraverso <span style="font-style: italic;">City</span>, nei suoi dintorni, e nelle sue zone di espansione. In ogni caso, al centro del sito è posto il testo, come fulcro dei diversi materiali che ruotano intorno ad esso e come nodo passante delle traiettorie, originate e dirette altrove, che lo attraversano.</span><span style="font-style: italic; color: rgb(0, 51, 51);"> </span><span style="color: rgb(0, 0, 153);"> </span></blockquote>
<br /><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Questo blog racconta di derive di viaggio, di specchi, di città invisibili che, come nelle ultime carte dell’atlante di Kublai Kan, si diluiscono in reticoli senza principio né fine. Il centro, semplicemente, non c’è. E, se ci fosse, non sarebbe il testo di City ma la lettura e le riletture di MT tra i sentieri del testo, del sito, della vita. </span><span style="font-size:100%;">
<br />
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Ho letto <span style="font-style: italic;">City</span> mentre ero incinta e avevo la varicella. Non andavo al lavoro e avevo tempo e spazio di disorientamento e una certa pesantezza addosso.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >L'ho letto con questo disagio e ha aggiunto disorientamento al disorientamento e pesantezza alla pesantezza.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Soprattutto mi ha lasciato quella sensazione di incompiuto, di pezzi mancanti. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E il bisogno di ricostruire il puzzle. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >L'occasione per la rilettura è arrivata con la <a style="color: rgb(51, 102, 102);" href="http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Ildibattitosullipertestualit%C3%A0/tabid/65/language/en-US/Default.aspx">tesi su ipertestualità e letteratura</a><span style="color: rgb(51, 102, 102);">.</span></span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Rileggere in profondità <span style="font-style: italic;">City</span> è scoprirsi Phil Wittacher. Devi fare il suo percorso e, a un certo punto, ti accorgi che <span style="font-style: italic;">City</span> parla di te che leggi e di come stai leggendo e ti accorgi che stai guardando negli occhi quel gran figlio di puttana di Arne Dolphin e i suoi indiani, le sue carte da poker e i suoi orologi. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Cominci col dire “compongo l'immagine smontando e rimontando il puzzle”.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Lo monti.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Poi ti accorgi che il puzzle è fatto di cubi e le immagini che puoi comporre con le diverse facce sono più di una, come nel gioco per bambini.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Intuisci però che, a differenza del gioco, qui puoi montare la facce in modo che le immagini si compongano simultaneamente. </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Un cubo di rubik.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E giri e rigiri fino a che ti pare di aver composto le immagini sulle sei facce del cubo.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Ma qui succede che guardi il tuo cubo di rubik e vedi sei facce: </span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Gould e Shatzy | Il western | La boxe | Il fumetto Ballon Mac | Le lezioni dei professori di Gould | La collezione degli episodi di delirio metropolitano al fast food, al ristorante cinese, dal barbiere, davanti all'università.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Vedi anche che le facce hanno una luce particolare, che proviene da un angolo visuale dislocato, in cui riconosci lo sguardo anomalo di Ruth.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Immagini di dover provare una sensazione di conquista. Per un attimo, forse, la provi anche.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E poi capisci che sei in trappola e non ne esci.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Perché ti accorgi che stai pensando che ogni cubo che compone una delle sei facce del cubo di rubik ha sei facce e che le facce interne dei cubi che formano le facciate del cubo principale potrebbero formare altre immagini. E pensi che ci sono cubi, all'interno che non vedi affatto e intuisci che, continuando a girare, ruoti intorno a una faccia che sta spezzettata lì dentro ed è la tua.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >La tua faccia di lettore.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >I cubi di <span style="font-style: italic;">City</span> sono diversi, uno per ogni lettore.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Immagini di dover provare una sensazione di sollievo. Per un attimo, forse, la provi anche.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E poi capisci che succede la stessa cosa con le facce della tua vita, con tutto quello che leggi in quello che fai e nelle persone che frequenti e nei luoghi che vedi.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E senti che <span style="font-style: italic;">City</span> parla di te anche in altri sensi.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E non importa più sapere se guardi la tua vita attraverso <span style="font-style: italic;">City </span>o se guardi <span style="font-style: italic;">City</span> attraverso la tua vita. Perché sai che costruiamo tutti vite che sono testi.</span><span style="font-size:100%;">
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E sorridi, con una certa folle benevolenza, anche di questo. </span><span style="font-size:100%;">
<br />
<br /></span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Si legge, sempre ne </span><span style="font-style: italic; color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >Le città invisibili</span><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" > di Calvino: </span>
<br /></span><blockquote><span style="color: rgb(0, 0, 153);font-family:trebuchet ms;font-size:100%;" ><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:85%;" >L’atlante raffigura anche città di cui né Marco né i geografi sanno se ci sono e dove sono, ma che non potevano mancare tra le forme di città possibili […] Anche per queste Marco dice un nome, non importa quale, e accenna a un itinerario per andarci. Si sa che i nomi dei luoghi cambiano tante volte quante sono le lingue forestiere; e che ogni luogo può essere raggiunto da altri luoghi, per le strade e le rotte più diverse, da chi cavalca carreggia rema vola. – Mi sembra che tu riconosci meglio le città sull’atlante che a visitarle di persona, – dice a Marco l’imperatore richiudendo il libro di scatto. E Polo: – Viaggiando ci s’accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti. Il tuo atlante custodisce intatte le differenze: quell’assortimento di qualità che sono come le lettere del nome.</span><span style="color: rgb(0, 0, 102);"> </span>
<br /></span></blockquote><span style="color: rgb(0, 0, 102);font-family:trebuchet ms;font-size:100%;" ><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:100%;" >E si legge, in Questa storia di Baricco:</span><span style="font-style: italic; color: rgb(51, 102, 102);">
<br /></span><blockquote style="color: rgb(51, 102, 102);"><span style="color: rgb(51, 102, 102);font-size:85%;" ><span style="color: rgb(0, 51, 51);"><span style="color: rgb(51, 102, 102);">Morire e dare nomi - non si fa altro di sincero, probabilmente, per il tutto il tempo che si campa.</span></span></span><span style="color: rgb(0, 51, 51);"> </span></blockquote>
<br />
<br /></span></div><div style="text-align: right; font-family: trebuchet ms; font-weight: bold; color: rgb(0, 51, 51);">MT</div><p class="MsoNormal" style="text-align: right;" align="right"><span style=";font-family:";" ><o:p></o:p></span></p> MThttp://www.blogger.com/profile/12518488352876765438noreply@blogger.com1