sabato 13 giugno 2009

La presentazione-specchio di www.labcity.it

Il sito www.labcity.it ha una pagina dedicata alla presentazione del lavoro.
La Presentazione, che sarà mai?
La Presentazione è stata una gran fatica per me e per quelli che mi stanno intorno e subiscono i racconti dei pensieri e degli stati d’animo che, ormai da mesi o forse da anni, gravitano intorno al sito. Ci sono quelli che subiscono, nei dintorni dell’alba, il riversarsi sul loro risveglio delle elucubrazioni antelucane di MT e ci sono quelli che subiscono, nei dintorni della pausa pranzo, il riversarsi sul loro abbiocco postprandiale degli aggiornamenti sul sito di MT.
Ai tempi della stesura della Presentazione del sito, sul finire dell’estate dello scorso anno, tutti quelli che subiscono hanno dovuto leggere e rileggere, ad alta voce, la Presentazione per settimane perché MT doveva sentirne il suono.
Settimane.
La Presentazione.
Adesso sta lì, sul sito.
Non la leggo da mesi.
Chissà come suona.
Alla fine della Presentazione c’è scritto:
A Kublai Kan, imperatore di città invisibili, che domanda se, tornato a ponente, racconterà alla sua gente gli stessi racconti, Marco Polo, viaggiatore di città invisibili, risponde : «chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio».
Dentro ogni viaggio ci sono tanti viaggi e ci sono racconti di viaggio per ogni orecchio e, dentro ogni città in cui viaggiamo, si moltiplicano le nostre città invisibili.
Questo sito è l’approdo di un lungo viaggio, dentro e intorno a City. Non aspira a raccontare il viaggio di Baricco, di per sé insondabile come ogni viaggio di ogni autore nell’intimo del proprio testo, e neanche a raccontare delle città invisibili incontrate, nelle derive del lungo viaggio da lettore, tra gli specchi del testo. Si propone piuttosto come punto di convergenza di diversi possibili viaggi.
Racconta di un viaggio, all’interno di City, orientato dalla costante verifica dell’aderenza delle proprie rotte a percorsi che il testo giustifichi, sia in relazione alla sua coerenza interna, sia in relazione alle coordinate della poetica di Baricco.
Offre la possibilità di viaggi attraverso City, nei suoi dintorni, e nelle sue zone di espansione. In ogni caso, al centro del sito è posto il testo, come fulcro dei diversi materiali che ruotano intorno ad esso e come nodo passante delle traiettorie, originate e dirette altrove, che lo attraversano.

Questo blog racconta di derive di viaggio, di specchi, di città invisibili che, come nelle ultime carte dell’atlante di Kublai Kan, si diluiscono in reticoli senza principio né fine. Il centro, semplicemente, non c’è. E, se ci fosse, non sarebbe il testo di City ma la lettura e le riletture di MT tra i sentieri del testo, del sito, della vita.

Ho letto City mentre ero incinta e avevo la varicella. Non andavo al lavoro e avevo tempo e spazio di disorientamento e una certa pesantezza addosso.
L'ho letto con questo disagio e ha aggiunto disorientamento al disorientamento e pesantezza alla pesantezza.
Soprattutto mi ha lasciato quella sensazione di incompiuto, di pezzi mancanti.
E il bisogno di ricostruire il puzzle.
L'occasione per la rilettura è arrivata con la tesi su ipertestualità e letteratura.
Rileggere in profondità City è scoprirsi Phil Wittacher. Devi fare il suo percorso e, a un certo punto, ti accorgi che City parla di te che leggi e di come stai leggendo e ti accorgi che stai guardando negli occhi quel gran figlio di puttana di Arne Dolphin e i suoi indiani, le sue carte da poker e i suoi orologi.
Cominci col dire “compongo l'immagine smontando e rimontando il puzzle”.
Lo monti.
Poi ti accorgi che il puzzle è fatto di cubi e le immagini che puoi comporre con le diverse facce sono più di una, come nel gioco per bambini.
Intuisci però che, a differenza del gioco, qui puoi montare la facce in modo che le immagini si compongano simultaneamente.
Un cubo di rubik.
E giri e rigiri fino a che ti pare di aver composto le immagini sulle sei facce del cubo.
Ma qui succede che guardi il tuo cubo di rubik e vedi sei facce:
Gould e Shatzy | Il western | La boxe | Il fumetto Ballon Mac | Le lezioni dei professori di Gould | La collezione degli episodi di delirio metropolitano al fast food, al ristorante cinese, dal barbiere, davanti all'università.
Vedi anche che le facce hanno una luce particolare, che proviene da un angolo visuale dislocato, in cui riconosci lo sguardo anomalo di Ruth.
Immagini di dover provare una sensazione di conquista. Per un attimo, forse, la provi anche.
E poi capisci che sei in trappola e non ne esci.
Perché ti accorgi che stai pensando che ogni cubo che compone una delle sei facce del cubo di rubik ha sei facce e che le facce interne dei cubi che formano le facciate del cubo principale potrebbero formare altre immagini. E pensi che ci sono cubi, all'interno che non vedi affatto e intuisci che, continuando a girare, ruoti intorno a una faccia che sta spezzettata lì dentro ed è la tua.
La tua faccia di lettore.
I cubi di City sono diversi, uno per ogni lettore.
Immagini di dover provare una sensazione di sollievo. Per un attimo, forse, la provi anche.
E poi capisci che succede la stessa cosa con le facce della tua vita, con tutto quello che leggi in quello che fai e nelle persone che frequenti e nei luoghi che vedi.
E senti che City parla di te anche in altri sensi.
E non importa più sapere se guardi la tua vita attraverso City o se guardi City attraverso la tua vita. Perché sai che costruiamo tutti vite che sono testi.
E sorridi, con una certa folle benevolenza, anche di questo.

Si legge, sempre ne Le città invisibili di Calvino:
L’atlante raffigura anche città di cui né Marco né i geografi sanno se ci sono e dove sono, ma che non potevano mancare tra le forme di città possibili […] Anche per queste Marco dice un nome, non importa quale, e accenna a un itinerario per andarci. Si sa che i nomi dei luoghi cambiano tante volte quante sono le lingue forestiere; e che ogni luogo può essere raggiunto da altri luoghi, per le strade e le rotte più diverse, da chi cavalca carreggia rema vola. – Mi sembra che tu riconosci meglio le città sull’atlante che a visitarle di persona, – dice a Marco l’imperatore richiudendo il libro di scatto. E Polo: – Viaggiando ci s’accorge che le differenze si perdono: ogni città va somigliando a tutte le città, i luoghi si scambiano forma ordine distanze, un pulviscolo informe invade i continenti. Il tuo atlante custodisce intatte le differenze: quell’assortimento di qualità che sono come le lettere del nome.
E si legge, in Questa storia di Baricco:
Morire e dare nomi - non si fa altro di sincero, probabilmente, per il tutto il tempo che si campa.


MT

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