venerdì 4 marzo 2011
In giro con la mappa delle terre dei barbari
martedì 28 settembre 2010
labcity due anni dopo
Sono passati due anni da quando – dopo mesi dedicati alla progettazione della struttura, alle prove di costruzione delle prime pagine e alla stesura della presentazione del lavoro – questo sito è stato registrato con la denominazione di www.labcity.it. Il nome doveva suggerire simultaneamente l’idea di uno spazio-laboratorio in cui sperimentare delle ipotesi e quella di uno spazio-labirinto, topos spesso utilizzato nelle trattazioni sugli ipertesti. Alludeva anche a un altro nome: quello del sito www.abcity.it, – allestito dalla Rizzoli per il lancio sul Web di City e oggi non più attivo – che, a sua volta, richiamava le iniziali di Baricco ma anche l’idea di un abc, sorta di enciclopedia sul libro. Il colore blu, scelto per lo sfondo delle pagine, insieme alle immagini delle bussole sulla homepage, doveva richiamare la copertina della prima edizione di City e la grafica di www.abcity.it, con l’intento di collocare la costruzione del sito lungo la sequenza, “originata e diretta altrove”, della quale partecipavano già City e www.abcity.it. Il progetto, elaborato a partire dal modello di ipertesto letterario illustrato dalle tavole di Claude Cazalé Berard e rivisitato da Alberto Cadioli ne Il critico navigante, prevedeva una rete di materiali originali, di testratti da testi oggetto di rimando, di dati e di fonti, organizzati comunque intorno a City in quanto libro e in quanto testo. City doveva rimanere al centro di un sito-laboratorio, come oggetto di sperimentazione delle logiche del web applicate allo studio dei testi letterari. Intorno a City si doveva intrecciare un labirinto di sentieri che, partendo o arrivando al libro o al testo, avrebbero consentito la costruzione di sequenze di senso modulabili secondo una pluralità di snodi possibili. City e i suoi dintorni dovevano costruire una sorta di enciclopedia aperta e potenzialmente interattiva che collegasse in rete il centro e le periferie. Da settembre 2008 a maggio 2009 è stata costruita la struttura portante del sito con le tre partizioni e le sezioni principali. Oggi le pagine sono più di 160, tra quali alcune sono ancora in corso di costruzione e ve ne sono altre in progetto. La maggior parte delle pagine è visionabile da chiunque acceda al sito, mentre sono visionabili da utenti registrati alcune pagine ancora in bozza. A maggio del 2009, a dieci anni esatti dall’uscita di City in libreria, il sito è stato segnalato ai motori di ricerca e da allora ha cominciato lentamente a risalire negli indici fino a ritrovarsi oggi in prima pagina tra i risultati delle ricerche effettuate con la chiave “city baricco” su Google, Virgilio, Yahoo! e AltaVista e tra la seconda e la quarta pagina per le ricerche effettuate con la chiave più generica di “baricco”. Il contatore ShinyStat rileva più di 500 visite al mese con una maggiore densità nei giorni feriali. Le pagine più visitate sono quelle di orientamento e illustrazione dei contenuti: la mappa e la presentazione del lavoro e le pagine di introduzione della partizione Testo e paratesto e della partizione Ipertesto. Gli accessi al sito, eccettuati quelli diretti (la cui rilevazione è poco utile in quanto include per la maggior parte, gli accessi relativi al lavoro di costruzione delle pagine), provengono in misura pressoché equivalente da siti e da motori di ricerca. Gli accessi da siti sono attribuibili in netta maggioranza ai “collegamenti esterni”, inseriti sulle pagine di Wikipedia dedicate a Baricco e alle sue opere, e sulle pagine di Wikipedia che si occupano di ipertestualità. Più rari sono gli accessi provenienti dalla pagina Facebook creata come vetrina del sito e sporadici sono gli accessi dai blog dedicati a notizie su Baricco, come Oceanomare.com | Blog e Raccontami Questa Storia | Blog. Gli accessi al sito dalle pagine Wikipedia dedicate a Baricco approdano alla homepage del sito e, se in alcuni casi i visitatori proseguono con la consultazione della mappa e delle pagine di presentazione, raramente arrivano alle pagine più interne. Gli accessi dalle pagine Wikipedia dedicate all’ipertestualità approdano all’indice di una ricerca svolta qualche anno addietro sui temi del dibattito degli anni Novanta sull'ipertestualità in campo letterario. Si tratta, in questo caso, di visitatori che di solito proseguono nella consultazione visionando anche le pagine che accolgono i capitoli della ricerca. Oltre che dai link su Wikipedia, il lavoro sull’ipertestualità nel dibattito tra gli studiosi di ipertesti e letteratura, è segnalato in una nota e nella bibliografia del testo di Gino Roncaglia La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro che rimandano a questo sito per una rassegna utile sull’ipertestualità. Gli accessi da motori di ricerca provengono quasi esclusivamente da Google e, se partono da chiavi di ricerca su City di tipo generico, approdano alla home del sito mentre, se partono da chiavi di ricerca più specifiche, approdano direttamente alle pagine interne del sito. La più utilizzata tra le chiavi di ricerca generiche è “city baricco”, seguita da chiavi simili che contengono in differenti combinazioni i termini “city”, “baricco” o “alessandro baricco”, “libro” o “romanzo” o “testo”. L’utilizzo delle chiavi più specifiche rivela il prevalente orientamento a ricercare singoli brani di testo. Sono spesso scelte direttamente come chiave di ricerca delle frasi esatte, estratte dal testo di City (ma anche da altre opere di Baricco delle quali il sito accoglie alcuni brani), o sono affiancati al titolo di un’opera e/o al nome di Baricco alcuni peculiari termini identificativi di un brano. Anche i nomi dei personaggi di City costituisco chiavi di ricerca frequentemente utilizzate per approdare a brani del testo. Alcune chiavi, che contengono termini come “riassunto” o “spiegazione, affiancati a “city”, lasciano presumere un’ulteriore tipologia di consultazione del sito orientata a ricerche di impronta scolastica. In ogni caso i passaggi degli utenti sono prevalentemente veloci e mirati alla ricerca di frammenti di testo da ricollocare, presumibilmente, come citazioni entro proprie sequenze personali in blog o pagine di social-network. Difficilmente si rileva una fruizione mirata ad approfondire la lettura di City con la consultazione dei materiali di supporto, interviste articoli, trascrizioni di interventi di Baricco. Vero è che le modalità di consultazione del sito sono correlate allo stato dei lavori e alla strutturazione dei contenuti che, in atto, riguardano soprattutto testi periferici, relativi a un livello extratestuale di City, laddove i testi che affronteranno il livello testuale e il contesto culturale, vale a dire il centro e gli immediati dintorni di City, sono per la gran parte da costruire o in costruzione su pagine riservate agli utenti registrati. Altrettanto vero tuttavia è che, anche altrove, in luoghi del Web come blog o social-network, attraverso i quali lettori e fan transitano, difficilmente si rilevano contenuti di approfondimento sulle opere e sulla poetica di Baricco, mentre dilagano le citazioni decontestualizzate di frasi o brani – attraverso le quali esprimere e comunicare emozioni personali – e proliferano i commenti emozionali, da estimatori o detrattori, e i gruppi e le pagine che accolgono le manifestazioni di appartenenza a una categoria o all’altra. In quest’ottica si potrebbe inquadrare il fallimento dell’approccio interattivo che questo sito si proponeva di realizzare invitando chi volesse contribuire alla costruzione a inviare materiali e commenti su City o sul sito stesso. Tra gli strumenti di dialogo, è scarsamente utilizzato l’indirizzo mail admin@labcity.it, così come la pagina Facebook, mentre la mailing-list del sito Oceanomare.com continua la su attività senza che vi giunga alcun contributo dall’esistenza di questo sito. Ancora vuote sono le pagine Controcampo e Graffiti, destinate ad accogliere punti di vista altri e commenti sul sito o su City. Gli unici contributi inoltrati dai lettori, e accolti all’interno delle pagine del sito, sono il testo di Davide Gaeta di presentazione del suo film d’animazione Halò Jack, e il brano 'I sciure 'ro prof'ssore, traduzione in salernitano della lezione del prof. Kilroy sulle Ninfeee di Monet a cui si è dedicata Rob per fare un regalo a questo sito e alla mailig-list del sito Oceanomare.com. Inizia adesso il terzo anno di vita del sito. Tanto lavoro ancora da fare mentre “soffia il vento sotto un sole giaguaro, e la strada di Closingtown fuma polvere”. |
Settembre 2010 |
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martedì 24 novembre 2009
Emmaus
Si fa strada l'idea che questo libro non sia nelle mie corde se non per il fatto che contiene i temi e i riferimenti a quello che appartiene già a Baricco e a me.
Non credo che Emmaus abbia aggiunto molto ai nomi che do alle cose e alle esperienze che vivo. Qualche piccola luce, sfumature. Niente bagliori epifanici capaci di illuminare zone oscure. Difficile che di Emmaus mi resti molto. Difficile che mi resti qualcosa che non fosse già altrove. Già rivelata.
domenica 8 novembre 2009
Prima di rileggere Lezione ventuno
sabato 29 agosto 2009
Anteprima dalla pagina in costruzione "Le strade"
«C’è l'idea che lo scrittore deve sottrarre un po' della sua forza al personaggio, sennò ne farà un eroe, un soggetto nel senso hegeliano del termine. Ora, se gli si preleva un po’ di questa forza, si deve trovare qualcosa d'altro a questo personaggio, e ciò, è interessante. Se non è “lui”, “lei”, o un altro, che resta nella storia? È molto bello, perché lavori in un paesaggio che tu non conosci, dove tu cerchi dei punti di forza differenti», afferma Baricco nel Dialogue con Anne Dufourmantelle che apre la raccolta di saggi Constellations.
LINK
Il Dialogue con Anne Dufourmantelle:
http://www.labcity.it/Stru
L'intervista conferenza con Luca Doninelli:
http://www.labcity.it/Stru
lunedì 27 luglio 2009
L’ossimoro dell’onestà intellettuale allo specchio di Google
Gli accessi al sito ci sono, il lavoro continua a piacermi. Dovrebbe bastarmi.
Fare questo sito è un piacere che la vita e l’età mi lasciano assaporare.
Posso solo ringraziare la vita e l’età e lo faccio: immensamente grata.
E allora? Cos’è questa smania di controllare spesso la posizione del sito su Google e cosa è la frustrazione che provo vedendola scivolare sempre più in fondo?
E cosa era la compiaciuta fierezza che provavo quando, appena un mese fa, assistevo alla scalata del sito lungo le stesse pagine? Vedevo il sito lasciarsi ogni giorno alle spalle i compagni di pagina su Google. Ed era bello.
"Il resto è poesia inutile. Phil Wittacher sorride. - Non è un duello, la vita -, dice. Melissa Dolphin spalanca gli occhi. - Certo che lo è, idiota. Musica."
Fare il sito è una cosa bella. É gratis. Non devi farci soldi né un esame.
É una pietanza che offri su un piatto per chi abbia voglia di assaggiarne e il piacere sta nella ricerca e nella scelta degli ingredienti e nel combinarli insieme per farli cuocere a fuoco dolce.
Poi porti in tavola e offri a chi abbia voglia di assaggiare.
Gli accessi al sito ci sono, il lavoro continua a piacermi.
Dovrebbe bastarmi.
E allora?
Cos’è questa smania di controllare spesso la posizione del sito su Google?
E cosa è la frustrazione che provo
vedendola scivolare sempre più in fondo?
E cosa era la compiaciuta fierezza che provavo quando,
appena un mese fa,
assistevo alla scalata del sito lungo le stesse pagine?
Vedevo il sito lasciarsi ogni giorno alle spalle dei compagni di pagina su Google.
Ed era bello.
"vogliono solo essere vivi, anche i migliori, quelli che costruiscono giustizia, progresso, libertà, futuro, anche per loro è tutta una faccenda di sopravvivenza, vagli più vicino che puoi, se non ci credi, guarda come si muovono, chi hanno intorno, guardali e prova a immaginare cosa sarebbe di loro se per caso un giorno si svegliassero e cambiassero idea, semplicemente, cosa rimarrebbe di loro, prova a estorcergli una risposta una che non sia una istintiva autolegittimazione, vedi se riesci anche una sola volta a sentirli pronunciare la loro idea con lo stupore e l’esitazione di uno che la scopre in quel momento e non con la sicurezza di uno che ti sta mostrando orgoglioso la devastante efficacia dell’arma che impugna, non farti fregare dall’apparente mitezza del tono, dalle parole che scelgono, astutamente miti, stanno lottando, Gould, lottano con i denti per la sopravvivenza, per il cibo, la femmina, la tana, sono animali, e sono i migliori, capisci?, cosa puoi aspettarti di diverso dagli altri, dai piccoli mercenari dell’intelligenza, dalle comparse della grande lotta collettiva, dai piccoli guerrieri vili che sgraffignano detriti di vita ai margini del grande campo di battaglia, commoventi spazzini di salvezze irrisorie"
Se il prof. Kilroy potesse assistere allo spettacolo del mio smarrimento, vomiterebbe commosso.
venerdì 3 luglio 2009
Dove finisce il mare
Agosto 2004. Domenica sera siamo arrivati a Grenen, la punta estrema a nord della Danimarca. C’è una lingua di spiaggia sabbiosa che separa il Baltico dal Mare del Nord.
Abbiamo posteggiato il camper vicino al faro e siamo scesi in spiaggia. Ci siamo incamminati che era l’imbrunire, io un po’ contrariata perché avevamo fatto tardi per il tramonto. Il sole era già entrato nel mare ma il cielo era ancora rosa e l’acqua era argento e rosa di francia e acquamarina, liquidi e mescolati insieme, ma non del tutto fusi.
Ci siamo incammininati verso la punta seguendo il bordo del mare, alla nostra destra, lungo la spiaggia deserta.
Fino a quando il mare è comparso anche di fronte a noi.
Fino a quando la lingua di sabbia si è assottigliata sotto i nostri piedi.
Fino a quando il fiato si è mozzato.
Fino al punto.
Un punto che era sospeso all’incontro dei limiti.
Parlare di bordo o di dove finisce il mare sarebbe riduttivo. Un bordo delimita qualcosa con una linea. Il mare finisce lungo quella linea, che non sai cogliere, che lo separa dalla terra.
Ma quello era un punto.
Il punto.
Il vertice di un triangolo di sabbia. Le onde di due mari che si infrangono le une sulle altre a partire da quel vertice. Le onde non ti arrivano di fronte per battere sulla terra ma arrivano da destra e da sinistra e si incrociano. Il mare finisce nel mare.
Sono tre le linee che convergono in quel punto: la linea della costa alla tua destra, la linea della costa alla tua sinistra, la linea delle onde che si scontrano di fronte a te.
E alla convergenza di quelle linee, ci sei tu.
Lo stupore ti impedisce di pensare.
La bellezza di quello che vedi ti impedisce di guardare.
Sai che, appena la mente e gli occhi prenderanno le redini, penserai e guarderai da un angolo visuale molto baricchiano. Sai che farai riflessioni sulla vita e sulla morte e assapori il rinviare quel momento. Ti godi lo stupore e la bellezza.
E lo stupore e la bellezza si accaniscono. Spunta la luna piena, rossa, dal mare. I bambini vedono una stella cadente.
È possibile tutto questo?
Ti chiedi cosa mai avrai fatto di buono nella tua vita per meritarlo.
Ti chiedi cosa mai ti ha portato in quel posto di cui fino a un mese fa non sapevi l’esistenza, giusto all’imbrunire di una splendida giornata di sole dopo pioggia e nebbia, a quell’ora in cui non si vedono turisti in giro, proprio in una notte di luna piena, nel periodo in cui cadono le stelle.
È troppo.
Cominci a camminare sulla via del ritorno e stupore e bellezza ti seguono. Cammini e ti ritrovi ancora al vertice tra la linea del riflesso della luna sul mare e la linea del riflesso della luce del faro. Tu cammini e le due strisce di luce convergono verso di te.
Appena arrivata in camper ho programmato la sveglia per le cinque meno un quarto della mattina dopo. Qui in questo periodo c’è già luce a quell’ora. Non volevo perdere l’uscita del sole e volevo essere ancora lì, nel punto, da sola, con la mente e gli occhi, stavolta.
Lunedì mattina, ancora una splendida giornata di cielo limpido. Rifaccio la strada e stavolta ho la videocamera con me e tutto l’apparato di possibili considerazioni esistenziali carico.
Argento, rosa di francia e acquamarina, liquidi e mescolati insieme ma non del tutto fusi. Gabbiani.
Luna piena che cala alle mie spalle, accanto al faro.
Mare a destra, poi mare di fronte e la punta.
Ci sono delle persone, meno di una decina, e un cane, già lì per vedere l’alba.
Io arrivo, il sole sorge, rosso. Meraviglia: sorge quasi sulla linea delle onde che si infrangono le une sulle altre. Tutti fotografano o filmano. Pure io.
Poi vanno via tutti e io mi siedo sul quel triangolo di sabbia, a prua della Terra. Il sole di fronte a me è ancora rosso. Il mare è oro e acquamarina, liquidi e mescolati insieme ma non del tutto fusi.
Il riflesso dorato del sole è una linea che quasi coincide con quella delle onde dei due mari che si scontrano. Come può la casualità degli eventi gestire una regia così perfetta in ogni particolare? Così deve essere nata la vita sulla terra dal brodo primordiale, per un convergere di circostanze casuali in una regia perfetta.
La mia amica Laura mi ha scritto in un sms che AB c’è stato al punto.
Per i suoi lettori, trovarsi lì, quando mente e occhi riescono a riprendere il sopravvento su stupore e bellezza, non può non comportare un doppio effetto di ritorno: da un lato quei testi che ci portiamo dentro ritornano arricchiti dall’esperienza che porta nuovi elementi interpretativi, ma dall’altro lato quell’esperienza di vita, per essere decodificata, non può più prescindere da quei testi.
Leggiamo libri, film e, ahimè, esperienze, solo grazie ai libri, film e alle esperienze che abbiamo già letti. Costruiamo testi grazie ai testi che possediamo. Decodifichiamo in base a quello che già sappiamo.
Comunque io ero lì, un lunedì mattina, seduta a prua della Terra, a chiedermi cosa finiva in quel punto, se la Terra o il Mare. A decodificare simboli.
Io a prua della Terra, il mio elemento, con i piedi affondati nella sabbia umida come radici.
La madre terra, nido e tana, e sentieri da percorrere fino ad arrivare al bordo.
E poi il Mare.
La Terra, vita che comincia e finisce. Il Mare, infinito che l’avvolge.
O guardi o giochi. E normalmente giochi.
Direbbe Shatzy:
«Con la mente altrove, lì a schiacciare pulsanti blu o rossi, cercando di indovinare. Un gioco d’abilità. Te lo fanno fare per distrarti. Dato che funziona, perché mai non ci dovresti stare?»
Normalmente giochi.
A volte guardi, sulla costa, e cerchi di capire dove finisce la terra e comincia il mare.
Cerchi di capire il senso di quel bordo. E a volte ti sembra di riuscirci, per un istante, e pensi che il senso sia nel Mare.
La Terra finisce, esausta di strade percorse o mai imboccate. Esausta di scelte fatte ad ogni bivio.
Sul bordo non ci sono più sentieri da scegliere, mele da cogliere, cattedrali da costruire. C’è una linea che dice: basta. E il Mare. Dice la canzone: Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione, e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione, perché più in là non si poteva conquistare niente.
A volte ti sembra di capire che il senso di tutto sia proprio in quel “basta”, nella pace di quel mare dove la vita è nata e dove la terra finisce. A volte ti sembra di potere accettare che il fine sia proprio la fine e ti da pace.
A volte, sulla costa.
Su quella punta no.
Lì è diverso e tutto ti si confonde.
Lì il bordo scompare e tutte le linee convergono verso il punto.
La Terra fatica lì, si fa prua. Non si abbandona al mare ma lo taglia. E il Mare, in quel punto, perde il suo senso di infinito. Le onde non arrivano più a prendersi la Terra, ma si scontrano tra loro in una fatica inutile. E allora te la ridi.
Te la ridi dell’inutilità del Mare.
Della paura che ti fa e di tutte le storie che ci ricami sopra, per accettarlo e sconfiggerne la paura.
Lì, al punto, il senso non è più neanche nel Mare.
Come non può essere nelle tane che hai scavato, nelle strade che hai percorso, nelle cattedrali che hai costruite. Tutta quella Terra finisce in quel punto, ma in quel punto finisce anche tutto quel mare, nella assoluta vacuità delle onde contro le onde.
Lì, non c’è più un senso al di fuori di quel punto stesso.
E quel punto sei tu, in quell’istante in cui sei il centro dell’universo.
Tu sei il punto e l’istante in cui convergono il mare e la terra per acquistare un senso.
E te la ridi.
Non per niente, tutti, lì, si fanno fotografare su quel vertice di terra, in piedi, le spalle alle onde che si incrociano, con un enorme sorriso in faccia e con le braccia aperte, al centro di tutte le direzioni.
Si sentono il punto.
E se la ridono.
Li ho guardati, più tardi, quando sono tornata alla punta con la famiglia. Decine e decine di turisti che affollavano quel triangolo di terra. Arrivavano con un pulmino trainato sulla sabbia da un grosso trattore, camminavano fino al punto, ridevano, si facevano fotografare con i piedi in acqua proprio al vertice dell’angolo, spalle al mare e braccia aperte, al centro dell’universo dei significati.
Ma soprattutto ridevano.